Apertura kebab, Una città in comune: “Affermazioni xenofobe di Confcommercio”

20 febbraio 2014 Pisa Today

Apertura kebab, Una città in comune: “Affermazioni xenofobe di Confcommercio”

Sergio Bontempelli commenta con amarezza le affermazioni dell’associazione di categoria pisana che aveva duramente condannato l’apertura di nuovi locali a Pisa. “Vere e proprie calunnie indirizzate ai negozi stranieri”.
“Sono davvero i kebab il problema del commercio a Pisa?”. Se lo chiede Sergio Bontempelli di Una città in comune, dopo le preoccupazioni espresse da Confcommercio sull’apertura di due nuovi kebab nel centro storico pisano. Secondo la stessa associazione di categoria, la proliferazione di kebab e minimarket metterebbe a rischio la stessa immagine della città e dei prodotti locali.
“La crisi economica, la crescente difficoltà delle famiglie e il conseguente crollo dei consumi, le politiche di austerità che mettono in ginocchio la domanda interna (la gente non ha più soldi e non spende più…), il diffondersi della grande distribuzione, il declino delle aree urbane e degli spazi pubblici: tutto questo non sembra un problema, per l’associazione dei commercianti – sottolinea Bontempelli – il nodo vero sarebbe, stando a quanto dice la presidente Federica Grassini, il “decadimento dell’identità del centro storico”. Dovuto, si badi bene, non ai processi di riorganizzazione del commercio al dettaglio, ma ai negozi gestiti da immigrati. Roba da non credere”.
“Proliferano una serie di attività che con la nostra tradizione non c’entrano nulla, leggiamo nel comunicato, ed è uno strano concetto di ‘tradizione’, quello che ha in mente Confcommercio – prosegue Bontempelli – una tradizione che verrebbe compromessa non dalle grandi catene in franchising, non dai McDonald’s a due passi da Piazza del Duomo o alla Stazione (l’hamburger o il Big Mac sono ‘tradizionali’?), e nemmeno dall’Ikea o dai grandi supermercati che hanno invaso le periferie. No, il problema sono i piccoli esercizi gestiti dai migranti. Un capolavoro di mistificazione e di discriminazione a sfondo xenofobo”.
Riguardo poi all’affermazione di Confcommercio secondo cui i minimarket “spuntano come funghi, non si capisce attraverso quali finanziamenti”, Sergio Bontempelli chiariasce le idee ai rappresentanti dell’associazione di categoria: “I meccanismi che guidano la nascita e lo sviluppo di queste attività sono ben noti. La crisi colpisce duramente anche i migranti: spesso, questi si trovano disoccupati e hanno difficoltà a rinnovare i loro documenti di soggiorno a causa delle sciagurate normative in materia di immigrazione che legano a doppio filo il permesso al contratto di lavoro. Così, chi dispone di qualche risparmio decide di investirlo aprendo un’attività commerciale. Si tratta generalmente di piccoli esercizi che ‘tirano avanti’ in mezzo a mille difficoltà, e che cercano di tenersi in piedi puntando sulla riduzione dei prezzi e sull’estensione degli orari di apertura. Il che significa, per molti esercenti, fare turni di lavoro massacranti e ottenerne guadagni irrisori, spesso al limite della sopravvivenza. E infatti, se è vero che molti negozi aprono, è anche vero il fenomeno inverso: non sono pochi i kebab e i minimarket che chiudono i battenti pochi mesi dopo l’inaugurazione. Esattamente come accade a tanti locali aperti da cittadini ‘autoctoni'”.
“E’ vero, il commercio nella nostra città è in crisi drammatica – aggiunge duro Bontempelli – ma non sarà l’ennesima guerra tra poveri – italiani contro stranieri, pizzerie contro kebab, alimentari contro minimarket a risollevare le sorti degli esercenti pisani. E non vediamo quale giovamento possano trarre i commercianti dalle vere e proprie calunnie indirizzate ai negozi stranieri: “i minimarket non rispettano le regole”, “i kebab sono carenti sotto il profilo del rispetto delle normative igienico-sanitarie”. Se vi sono singoli esercizi che non rispettano le regole, dovranno evidentemente essere perseguiti a termini di legge. Ma criminalizzare un’intera categoria è oltraggioso e discriminatorio e Confcommercio dovrebbe saperlo bene: quante volte i piccoli esercenti sono stati trattati da evasori tout court, senza distinzioni?”.

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