C. Colombo: occorre rompere ogni equidistanza. Nel tavolo dell’8 giugno le istituzioni devono battere un colpo

L’8 giugno si svolgerà al Ministero il nuovo tavolo per la vertenza che vede da settimane in lotta i lavoratori e le lavoratrici della Carlo Colombo. Si tratta di una vicenda paradigmatica che mette ancora una volta in evidenza una crisi dai connotati soprattutto “finanziari” che invece legata a reali difficoltà di mercato nonostante la crisi economica perdurante: e a pagarne le conseguenze per primi però sono i lavoratori.

Il caso della Colombo evidenzia al contempo un altro tratto comune delle strategia delle imprese – e delle multinazionali in particolare – di gestire queste crisi: lanciare subito la chiusura dei siti produttivi e mettere in mobilità le maestranze, ovvero licenziarle senza attivare preventivamente alcun tavolo “pre-crisi”. In altre parole si punta al massimo risultato per condizionare qualsiasi trattativa ed eventualmente, dopo averle magnanimamente concesse, ottenere il risultato per loro più vantaggioso.

Queste modalità d’altro canto, occorre non dimenticarlo, sono state strutturalmente avvantaggiate e incentivate dai provvedimenti del Governo, jobs act in primis, ma anche dal perdurante tentativo di delegittimazione dei corpi intermedi: i sindacati e le relative norme sulla rappresentanza sindacale.

Questo potere quasi “assoluto” delle imprese nei tavoli di trattativa e nei confronti sia dei lavoratori sia del pubblico non è un fatto naturale ma il frutto delle politiche che sono state fatte negli ultimi dieci anni per cui è stato smantellato il sistema di contrappesi tra parte datoriale e lavoratori. E la crisi in ultimo è stata usata per colpire una parte (i lavoratori) a vantaggio di un’altra (le imprese). Su queste scelte le responsabilità politiche sono estremamente evidenti e condivise dal centrosinistra (PD in testa) e dal centrodestra.

Alla luce di questo difficilissimo quadro è evidente che l’espressione di una generica solidarietà da parte delle istituzioni locali, senza per di più una individuazione delle responsabilità oggettive da parte dell’azienda nella crisi che ha pesanti ricadute sociali e lavorative per la collettività e il nostro territorio, rischia di essere un atto di liturgica testimonianza senza alcuna capacità di incidere significativamente nella difesa dell’occupazione e dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

Occorre rompere ogni equidistanza. Nel tavolo dell’8 giugno proprio le istituzioni locali devono battere un colpo e se c’è la volontà politica di un reale sostegno ai lavoratori, entrare esse stesse come controparte a fianco dei lavoratori, cercando attivamente di esplorare tutte le possibilità: anche quelle apparentemente più “controverse” e difficili, per garantire la continuità della produzione.

Da un lato vanno esperiti tutti i controlli sull’azienda e sulle agevolazioni ricevute da parte del pubblico, e dall’altra si deve promuovere qualsiasi ipotesi di continuazione, anche tramite cooperative o altro, della produzione. Le ipotesi e i percorsi si possono costruire se c’è la volontà politica e se le istituzioni locali dicono con chiarezza e senza tanti infingimenti da quale parte vogliono stare.

Una città in comune, PRC

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