Enrico Rossi, disimbalsamatore

ITALIA OGGI Pagina: 11

Enrico Rossi, disimbalsamatore

Il presidente della Regione Toscana e riuscito a ridurre gli oltranzismi dei conservatori

La versione di Enrico, nel senso di Enrico Rossi, governatore piddino della Toscana, è quella giusta. È quella definitiva del Piano del paesaggio toscano, concordata con il ministero dei Beni culturali, e in approvazione al consiglio regionale della Toscana mentre andiamo in stampa.
Una terza via, è stato lui stesso a rivendicarlo con la stampa cittadina, che media fra i duri conservatori del paesaggismo, interpretati dalla stessa assessora all’urbanistica Anna Marson, madre della prima stesura, e i cosidetti «sviluppisti», quest’ultimi rappresentati dal consigliere della sinistra dem, Arderio Pellegrinotti, quelli cioè intenzionati a piegare il documento secondo le esigenze delle categorie produttive, cavatori delle Apuane e viticoltori in primis.
Con un maxi-emendamento Rossi s’è incaricato di fare la sintesi, facendolo controfirmare da tutti i capi-gruppo, salvo il vandoliano Mauro Romanelli che s’è rifiutato. «Ci sono state polemiche, diversità di opinioni anche nel Pd, mala definizione di partito delle cave è solo denigrazione», ha detto Rossi, giustificando il suo passaggio al ministero, la scorsa settimana, in questi termini: «Andando a Roma ho fatto il mio mestiere perché è la Costituzione che assegna allo Stato la tutela del paesaggio e così eviteremo di dare il via libera ad un testo che poi potrebbe essere bocciato».
I termini del «lodo Rossi» sono in pratica questi: sul nodo controverso delle Apuane, si dice sì alla attività di escavazione. ma nessuna nuova oltre i 1.200 metri. Le 18 cave esistenti resteranno e le altrettante abbandonate potranno essere riattivate ma solo «a condizione che siano funzionali ad uno specifico progetto di recupero e riqualificazione paesaggistica», e per un periodo massimo di sei anni.
Sul versante agricolo, il sistema di vincoli che aveva allarmato i vigneron toscani, tra i più rinomati al mondo, pare essere stato addolcito. Si tratta di questioni lessicali o poco più. Come ha spiegato il Corriere Fiorentino, se prima si parlava di obbligo di «regimazione idraulico agraria», in caso di nuovi impianti, ora si parla di «garantire l’equilibrio idrogeologico». E lo stesso governatore ha promesso che la Toscana «non diventerà come le Langhe», dove cioè tutto il verde s’è trasformato in vigne. Resta, sul paesaggio marittimo, il divieto di costruire piscine sulle spiagge, sul modello romagnolo. D’ora in poi sugli arenili, solo strutture mobili da smontare a fine stagione, anche se il limite previsto di 90 giorni sarà ampliato a 180, per andare in contro all’industria turistica. E per lo stesso
motivo, alle strutture alberghiere esistenti, che insistono sui lungomare, consentiti ampliamenti fino a un massimo del 10% de volumi.
Ma sul ruolo di grande mediatore che Rossi si attribuisce non tutti sono d’accordo. «Dov’era, il governatore, che oggi viene qui a fare il primo della classe, in tutti questi anni, in cui montavano le contestazioni delle associazioni di categoria, dagli agricoltori ai cavatori, e degli ordini professionali?», dice l’alfaniano Andrea Agresti, vicepresidente della Commissione Ambiente, che rinfaccia a Rossi d’aver prima abbracciato «un ambientalismo di maniera» e poi d’aver fatto parziale dietrofront.
Attesa ora la reazione del mondo dei comitati e soprattutto di Salvatore Settis, l’antichista, già a capo della Normale di Pisa, considerato il guru dell’intangibilità del paesaggio. E il «lodo Rossi», secondo le previsioni di molti, non piacerà al quel mondo, col rischio che il Piano del paesaggio diventi argomento elettorale per grillini e Lista Tsipras

alle regionali di giugno.

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