Grave l’attacco dei sindacati della polizia penitenziaria al Garante dei diritti dei detenuti

Leggendo il comunicato dei sindacati della polizia penitenziaria Sinappe e Ussp apparso sulla stampa il 6 aprile, più che i contenuti, stupiscono i toni ed i termini usati.

Di questi giorni infatti è la notizia, rimbalzata sui quotidiani nazionali, di una disposizione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che invita ad abbandonare il lessico custodiale del passato e rinnovare comunicazione e linguaggi per evitare di reiterare magre figure con il resto d’Europa.

Ebbene, questi sindacati sembrano indenni dalle evoluzioni recenti e si producono in un articolo che, con un linguaggio opinabile, mostra di non conoscere la figura istituzionale del garante e le sue funzioni.

Il Garante non esprime “lamentele” ma “vigila affinché l’esecuzione della custodia delle persone detenute in carcere e degli internati sia conforme a principi e norme nazionali ed internazionali e interviene su criticità di carattere generale o su questioni che richiedono un’immediata azione” ( www.giustizia.it).

E’ davvero cosa misera infangare sulla stampa chi con passione, lealtà e professionalità denuncia il fatto che il carcere è una struttura pericolosa, che ha bisogno di ben 60 interventi di manutenzione per garantire sicurezza a detenuti e personale.

Oppure si travisano del tutto le parole del Garante, quando denuncia che chi è dichiarato incompatibile con il regime detentivo per gravissime ragioni di salute, è costretto a rimanere in carcere perchè non esistono strutture sanitarie disponibili sul territorio.

Quali richieste hanno avanzato i sindacati agli enti locali? E’ possibile risolvere il groviglio dei problemi del carcere facendo appello, come si legge nella nota, al fatto che qualcuno debba “rinunciare a qualcosa a beneficio dei detenuti e del carcere Don Bosco”? Sono solo queste le proposte?

Ancora più grave è mettere in relazione le esigenze di sicurezza con la necessità di ampliare l’accesso ed i progetti del volontariato, come fortemente consigliato dagli ispettori del Ministero in tempi recenti. Ed allora, appare completamente fuori luogo la premessa secondo cui il Garante non è competente nel valutare come eccessiva “la propensione all’approccio securitario da parte dei sindacati della polizia penitenziaria” se è vero, come dimostra l’articolo , che è di ostacolo a facilitare l’ingresso del volontariato.

Siamo ancora fermi al tempo del “camosci”?
Allora, chiediamo al Sindaco di Pisa ed alla Direzione del Carcere di intervenire e tutelare la figura del Garante, spiegando ai sindacati qual è la sua funzione ed il mandato istituzionale. E, nel frattempo, auguriamo ad Alberto Di Martino di continuare con la sua preziosa opera e lo ringraziamo per l’esercizio della sua funzione. Che, è bene ricordarlo, è completamente gratuita.

Una città in comune
Partito della Rifondazione Comunista

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