Porto di Marina: un altro colpo al modello di sviluppo della città targato Pd

La notizia del concordato preventivo della Boccadarno Porto di Pisa Spa non può essere decontestualizzata dalle più recenti notizie di fallimento o di crisi conclamata: dall'”anomalo” caso della Sviluppo Navicelli al gruppo Bulgarella.

Si palesano soltanto con questi pochi esempi situazioni debitorie da centinaia di milioni di euro che non possono essere ricondotte soltanto alla crisi economico-finanziaria degli ultimi anni, ma ad operazioni speculative nate ben prima della crisi e che portavano in sé il germe dell’inefficienza economica. Operazioni che per entità di volumi risultavano già allora chiaramente sovradimensionate per una città come Pisa.

Non a caso è doveroso ricordare che l’operazione del Porto di Marina, frutto del sistema di relazioni fra le amministrazioni comunali degli ultimi 15 anni e pochi imprenditori, basava la sua presunta redditività sulla realizzazione di oltre 150mila metri cubi di edificato in aree anche pubbliche. 

Questo progetto ha trovato sin dall’inizio il determinato contrasto da parte del Comitato per la salvaguardia di Boccadarno, delle associazioni ambientaliste e di Rifondazione Comunista; opposizione che si concluse con la sentenza definitiva del Consiglio di Stato che a tutt’oggi stabilisce l’illegittimità di questa operazione immobiliare. Immaginare altre previsioni urbanistiche che contemperassero il rispetto ambientale, l’interesse pubblico e la sostenibilità economica dell’intervento furono oggetto di una nostra controproposta mai considerata dall’amministrazione comunale.

Il concordato preventivo della Boccadarno spa non arriva, quindi, come un fulmine al cielo sereno. Nello scorso maggio avevamo lanciato un ulteriore allarme alla luce del fallimento della Sviluppo Navicelli. Si trattava di una facile previsione in quanto siamo davanti ad un vero e proprio sistema di scatole cinesi in cui gli stessi attori imprenditoriali ritornano continuamente nelle due compagine societarie: da Panchetti a Stefano Bottai, che negli anni passati ha ricoperto incarichi di primo piano in entrambe, fino a Simone Tempesti.

Proprio lo stesso amministratore della Boccadarno a fronte di queste nostre denunce rispondeva sulla stampa nello scorso maggio tranquillizzando sull’esistenza di un piano di rifinanziamento. A distanza di pochi mesi viene a galla la verità: un indebitamento da oltre 100 milioni di euro.

Quale è il prezzo che ha pagato e pagherà la città per queste operazioni speculative: dalle criticità ambientali mai risolte a seguito della realizzazione delle vasche, testimoniate dai cumuli delle terre di scavo ancora giacenti in aree agricole ad Ospedaletto, al mancato pagamento per 8 milioni di euro dei terreni di proprietà pubblica che la Boccadarno spa non ha mai effettuato al Comune di Pisa. Il rischio che il Comune non riscuota mai questi crediti è sempre più concreto. Anche per questo abbiamo fatto un accesso agli atti per sapere se la Boccadarno è in regola o meno con le fideiussioni depositate.

Che benefici ha tratto la nostra comunità da queste operazioni? I dati statistici sono incontrovertibili: dal 2002 al 2014 la città ha perso il 10% della popolazione attiva. Si è allargata in maniera impressionante la forbice reddituale con una tendenza costante indipendentemente dalla crisi conclamata del 2008. Più e più volte abbiamo sostenuto che il modello economico sottinteso da queste operazioni immobiliari-speculative non avrebbe avuto ricadute positive sulla città. E i nostri programmi sono sempre stati contraddistinti da proposte che vedono come perno dell’azione amministrativa la ricostituzione di attività produttive pubbliche e private e di un lavoro qualificato e non precario, tutto il contrario del ruolo di facilitazione della rendita e della speculazione che ha contraddistinto le amministrazioni comunali a guida Pd che si sono susseguite.

 

Una città in comune

Partito della Rifondazione Comunista

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