giovedì 24 aprile 2014, PaginaQ
25 aprile e 1 maggio: i sindacati proclamano lo sciopero
Nei giorni di festa non si lavora. Questo il principio ribadito da tutti i sindacati, in particolare quelli del commercio, rilanciato con uno sciopero per il 25 aprile e il 1 maggio. Domani a Pisa i Cobas, insieme al Prc di San Giuliano Terme e al Partito comunista dei lavoratori, hanno indetto un presidio dalle 11 di fronte al supermercato Dico a Putignano.
E anche le organizzazioni sindacali di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil della Toscana ribadiscono la contrarietà alle aperture dei negozi per le prossime festività civili e religiose e chiedono il rispetto del loro significato e del loro valore sociale. Le tre sigle proclamano lo sciopero e l’astensione dal lavoro per le intere giornata di domani e del Primo maggio, così come accaduto per Pasqua.
I Cobas motivano così la protesta: “Il Decreto Salva Italia del 2011, che permette l’apertura degli esercizi commerciali per 365 giorni all’anno, non ha aumentato i consumi e, di conseguenza, l’occupazione; basta vedere i dati negativi pubblicati da Federdistribuzione. Siamo stati contrari da sempre ad una deregolamentazione selvaggia di apertura dei centri commerciali ed di orari di lavoro, pertanto per i giorni 25 Aprile (festa della Liberazione) e 1 Maggio (Festa dei Lavoratori) esortiamo i lavoratori e le lavoratrici ad astenersi dal lavoro per il rispetto dei diritti sociali e del lavoro. Riteniamo oltremodo opportuno che venga abolita questa legge che ricade gravemente sulla qualità della vita dei lavoratori e delle lavoratrici”.
“Il giorno indicato con il colore rosso sul calendario – aggiungono – è un giorno di festa, pertanto il lavoro non è obbligatorio. Lo sciopero quindi non ha alcun senso, semplicemente perché l’ordine di servizio obbligatorio da parte di una qualsiasi azienda a un lavoratore è illegittimo. I piccoli negozi e le grandi catene operano pressioni di ogni genere per costringere i lavoratori a lavorare, ma ricordiamo che anche i Ccnl definiscono le feste come “giornate che devono essere retribuite” (intendendo che sono pagate). Il sindacato non dovrebbe solo limitarsi allo sciopero, ma aprire vertenze, perchè queste giornate siano pagate a prescindere dal fatto che gli esercizi siano aperti o chiusi”.
“Il nostro obiettivo – concludono – è quello di non rendere obbligatorio il lavoro nei giorni festivi, retribuendo sempre e comunque i lavoratori. Quanto poi alle aperture festive è necessario che siano concordate con Regioni e amministrazioni locali, ove si possa intravedere effetti positivi sulla qualità del lavoro”.
Analoghe motivazioni sono quelle espresse dalle altre sigle sindacali: “Filcams, Fisascat e Uiltucs riconfermano la necessità di modificare le legge sulle liberalizzazioni, avendo sostenuto la raccolta di firme per la proposta di legge di iniziativa popolare. Occorre rimettere la materia delle aperture domenicali, festive e commerciali alle competenze regionali e comunali, attraverso il confronto tra le parti sociali, demandano ai territori, previa concertazione, la loro definizione. Va fatto per un modello sostenibile del commercio, per città più vivibili – all’insegna della cultura e non solo del consumo, per una maggiore contrattazione in difesa dei più deboli, per la difesa dei valori civili e religiosi che queste festività rappresentano”.
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