Oggi ricorre l’ottantesimo anniversario dal primo e pesantissimo bombardamento angloamericano su Pisa durante il secondo conflitto mondiale.
Il 31 agosto è rimasto nella memoria cittadina come un evento traumatico, la giornata della devastazione in cui viene raso al suolo circa un quarto del territorio urbano con oltre 400 tonnellate di esplosivo sganciate.
I danni a cose e persone sono molto ingenti: le più colpite sono le zone della stazione e di Porta a Mare, ma non sono esenti neanche Porta nuova, Porta a Lucca, Porta fiorentina e La Cella. Quell’attacco aereo è il primo di una lunga serie che purtroppo aumenterà nella sua intensità, in particolare nell’anno successivo con il progressivo avvicinarsi della linea del fronte.
L’Arno diventerà, infatti, linea di demarcazione all’interno della stessa città e più in generale dividerà l’Italia liberata da quella occupata, sarà linea di combattimenti nello scontro fra i due eserciti stranieri, angloamericani da una parte, tedeschi in ritirata con le loro mine che faranno saltare i ponti della città dall’altra.
Il bombardamento del 31 agosto 1943 si inserisce pienamente nel contesto della guerra totale, dalla strategia per certi versi elementare e applicata a varie situazioni: in un conflitto mondiale che ha permeato in ogni angolo della società, che ha superato ogni limite, coinvolgendo tutti, dai combattenti negli eserciti ai civili, l’obiettivo diventa quello non solo di distruggere l’esercito nemico in campo di battaglia, ma anche di fiaccare il morale della popolazione, portandola alla fame e alla perdita di vite umane, di distruggere impianti e infrastrutture per dimostrare con forza la necessità della resa. In un momento in cui l’Italia si trova sull’orlo del caos tra l’arresto di Mussolini e la caduta del fascismo – che dal 1935 aveva trasportato l’Italia praticamente in uno stato di conflitto permanente-, e la firma dell’armistizio con gli angloamericani, annunciato l’8 settembre, l’idea degli Alleati è quella di spingere a questo fine con tutti i mezzi, persino i più duri, come i bombardamenti.
Oggi, ad ottant’anni di distanza, crediamo nell’importanza di ricordare questo evento drammatico per la città, pur senza slegarne la narrazione dal contesto generale della seconda guerra mondiale, così come dal regime fascista con le sue responsabilità.
La cultura della pace e dell’antifascismo sono per noi in questo senso i punti cardinali di una riflessione e di una memoria collettiva.
Per questo, per mantenerla attiva da anni chiediamo che l’area del rudere Pampana, simbolo tutt’oggi evidente dei bombardamenti subiti, diventi un memoriale con un parco dedicato ai bombardamenti e alla pace, piuttosto che essere adibito a palazzo privato, come attualmente previsto dalla Giunta comunale.
Una città in comune