Il grido d’allarme dell’arcivescovo Benotto, che si dice pronto a ritirare i sacerdoti dalle unità pastorali del centro storico, non deve passare sotto silenzio. Come confermato dagli ultimi dati Istat, il centro di Pisa sta continuando a svuotarsi: gli abitanti sono scesi in cinque anni di 1.359 persone e il numero è destinato a scendere di un ulteriore 10% di qui al 2030, secondo le previsioni Irpet. I motivi sono noti e li andiamo denunciando da tempo, vale a dire i “costi monetari delle abitazioni”, la congestione del traffico, il conseguente inquinamento, più in generale potremmo dire la “perdita della qualità urbana”. Tutti elementi che dovrebbero far riflettere e indirizzare chi governa la città verso politiche radicalmente diverse. Niente più speculazioni edilizie, come quella che si prospetta ad esempio alla ex Caserma Artale, a due passi della Piazza del Duomo, dove si pensa di costruire strutture ricettive, nuove residenze per ricchi e parcheggi a più piani in funzione soprattutto dei turisti.
La gentrificazione e la turistificazione sono fenomeni che stanno contribuendo a ridisegnare i centri europei e non solo, in particolare le città d’arte. Il grande potere d’acquisto dei fondi d’investimento e delle multinazionali, nonché dei super ricchi (aumentati durante la pandemia), sta cambiando aspetto alle città; risultato ne è la progressiva espulsione di lavoratrici e lavoratori, studenti e studentesse e residenti che non riescono ad affrontare la crescita incontrollata dei costi di case e affitti o che trovano migliore qualità di vita altrove. Assistiamo dunque increduli alla (s)vendita a privati di palazzi storici vincolati, ad ultimo Palazzo Mastiani Brunacci in Corso Italia angolo via della Nunziatina, da parte dell’Università di Pisa, e ancor prima il quattrocentesco complesso dello Spedale dei Trovatelli, in via Santa Maria, da parte dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana. Proliferano al contempo appartamenti adibiti a strutture ricettive del tipo Airbnb e spariscono le sparute attività artigianali e di commercio di prossiità rimaste.
Monsignor Benotto si preoccupa del futuro della città dal punto di vista della “cura delle anime”, ma pone un’altra questione cruciale e cioè l’abbandono di chiese e monumenti, i cui unici custodi sono rimasti i parroci sempre più soli e impotenti di chiese come San Pierino, San Michele in Borgo, San Francesco, San Frediano e Santa Caterina. Chiesa e complesso di San Francesco, inaccessibili da anni, ne sono drammatica testimonianza: il centro storico sta morendo in silenzio, così come il nostro patrimonio storico-artistico e culturale, mentre i turisti accorrono sempre più numerosi facendo arricchire i soliti noti. Santa Marta da qualche mese è chiusa per lavori e di questi giorni la notizia che Santo Stefano dei Cavalieri è nuovamente a rischio per problemi d’infiltrazioni al tetto.
Le città sono fatte di pietre, più o meno antiche, e di chi quelle pietre abita e se ne prende cura. Perciò pensiamo che il grido d’allarme dell’arcivescovo non possa passare inascoltato e ci piace ricordare che a Firenze a breve si svolgerà un referendum – che il sindaco Nardella vorrebbe bloccare – per chiedere la cancellazione della possibilità di trasformare la destinazione urbanistica da pubblico a privato per immobili con superficie superiore ai 2.000 mq, e per chiedere la modifica in senso restrittivo della disciplina degli usi temporanei a fini ricettivo-turistici. Due piccoli-grandi segnali per invertire la rotta e ripensare il nostro centro storico a dimensione d’uomo, insieme a nuove politiche sulla mobilità.
Ciccio Auletta consigliere comunale Diritti in comune: Una città in comune – Unione Popolare