Area pisana? Comune unico? Dove con gli slogan si mette in gioco la democrazia

Due comuni dell’area pisana andranno al voto il 5 giugno, questa domenica.
Nei programmi delle liste, nella campagna elettorale e nella diatriba politica uno dei temi più ricorrenti è stato quello dell’area pisana. Che, per alcuni, significa comune unico.

Così una tematica estremamente importante è stata ricondotta all’uso di facili slogan ed alla banalizzazione del messaggio. Come spesso, se non sempre, accade.
Così i fautori del comune unico, dal consigliere regionale PD Antonio Mazzeo e moltissimi suoi sodali per passare ai Riformisti locali, hanno utilizzato il concetto di competitività o, meglio, di “competizione”, per avvalorare il proprio pensiero. Competitività e competizione soprattutto verso l’area metropolitana fiorentina, rea di drenare per sé risorse e investimenti.

Proviamo allora, pacatamente, a focalizzare meglio il refrain dell’area pisana. Intanto sarebbe opportuno ricordare ai sostenitori del modello che la contrapposizione con l’area metropolitana di Firenze, più forte che mai, si è strutturata grazie alla legge Delrio (altro Renziano DOC, come il consigliere regionale Mazzeo): l’eutanasia delle province e l’istituzione delle “aree metropolitane”, infatti, porta le risorse in quest’ultima direzione distraendole dai territori a più bassa densità. Un’operazione che nella Toscana costiera si potrebbe attribuire al famoso “guadagno del Potta, che bruciò la casa per vendere la cenere”: infatti è così che l’area fiorentina si rafforza anche a danno dell’area costiera, innescando un contrasto tra territori quando invece alla regione tutta converrebbe ragionare in un’ottica di sistema.

Ma il modello tanto caro agli “innovatori” del PD ed ai riformisti sottintende altre questioni forse meno appariscenti della competitività, ma dalle conseguenze sicuramente più pesanti e più immediate per i cittadini.

Che sia chiaro: l’accorpamento dei comuni si traduce in una maggiore distanza tra i cittadini e i loro rappresentanti, che diventano irraggiungibili! Eccolo, il vero danno: la perdita secca di democrazia e di rappresentatività dei territori, l’allontanamento dei livelli decisionali dal popolo. Non solo: la scelta di “fondere” i comuni determina spesso la costruzione di strutture sovraordinate e addirittura a costituzione di società di servizi di diritto privato, con conseguenze facilmente intuibili: perdita di posti di lavoro e scadimento qualitativo di quelli rimasti. Tutto nell’ottica di un tipo di sviluppo che si è già dimostrato perdente, perché distrugge le risorse umane e ambientali di cui si nutre.

Tutto questo per “competere” con Firenze? Onestà intellettuale vorrebbe che un termine così denso di significati come “competizione” non ci venisse declinato con tanta superficialità. Soprattutto quando è chiaro che è la solidarietà e la cooperazione tra persone e tra territori a costruire la forza di un sistema.

Una città in comune, PRC

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