È stato da poco pubblicato il 10° Rapporto ISPRA sul consumo di suolo in Italia, relativo ai dati del 2022.
Il consumo di suolo continua a trasformare, inesorabilmente, il territorio nazionale. La copertura artificiale si estende ormai per oltre 21.500 kmq, il 7,14% del suolo italiano (7,25% al netto di fiumi e laghi). I cambiamenti dell’ultimo anno si concentrano in alcune aree del Paese: nella pianura Padana, nella parte lombarda e veneta e lungo la direttrice della via Emilia, e lungo tutta la costa adriatica, in particolare in alcuni tratti del litorale romagnolo, marchigiano e pugliese.
In un solo anno sono stati consumati altri 77 kmq, alla velocità di 2,4 metri quadrati al secondo: oltre 10% in più rispetto al 2021. La logistica e la grande distribuzione organizzata sono tra le principali cause di consumo di suolo, con la costruzione di grandi infrastrutture, edifici, piazzali, parcheggi e altre aree pavimentate.
Le città diventano sempre più calde: nei principali centri urbani italiani, la temperatura cresce all’aumentare della densità delle coperture artificiali, raggiungendo nei giorni più caldi valori compresi tra 43 e 46 °C nelle aree più sature e seguendo andamenti diversi a seconda delle caratteristiche del territorio circostante.
Ma il consumo di suolo incide anche sull’esposizione della popolazione al rischio idrogeologico: sono stati oltre 900 gli ettari di territorio nazionale reso impermeabile nelle aree a pericolosità idraulica media, intensificando la costante diminuzione della disponibilità di aree agricole.
I dati per Pisa sono allineati alla media nazionale: nel 2022 è stata superata la soglia del 7% di suolo consumato (la tabella indica per l’esattezza 7,00047%). Gli ettari totali di suolo consumato sono in totale 17120,78, con un incremento nel solo anno 2022 di 38,5 ettari. Il caldo torrido seguito da piogge improvvise e torrenziali, fenomeni in costante aumento negli ultimi anni, sono indici di una situazione al limite della sostenibilità: non possiamo permettere che cemento e asfalto avanzino ulteriormente.
Per questi motivi da anni ci battiamo contro queste politiche: dalle diverse varianti portate avanti dalla giunta Filippeschi che si sono susseguite tutte all’insegna del consumo di suolo fino al Piano strutturale intercomunale approvato dalla maggioranza che sostiene Conti a Pisa e dal centrosinistra a Cascina; un piano in cui si prevedono ancora nuove cementificazioni, si consuma suolo, si asfaltano molte aree verdi per fare parcheggi, si confermano previsioni pesantissime in aree altamente vulnerabili come la Cittadella Aeroportuale e si prevedono nuove edificazioni (per 65.000 mq) nella area tra via Bonanno – Viale delle Cascine.
C’è un’unica solita strategia disastrosa che unisce tutte quante queste operazioni: il privato fa i progetti, dove e quando gli conviene di più, il Comune li ratifica. Così parole come rigenerazione urbana, infrastrutture verdi, rinaturalizzazione, che sono al centro di tutte le strategie europee e delle Nazioni Unite, continuano a non avere cittadinanza a Pisa.
Di fronte a queste politiche esiste, però, un’altra strada ed è l’unica che possa prospettare un futuro per la nostra città e il nostro pianeta: lo stop al consumo di suolo, la moratoria sulle nuove operazioni rivalutando tutte le previsioni di nuove costruzioni in base alla reale necessità per il bene comune.
Occorre un ripensamento integrale del Piano strutturale che non ha una visione del futuro e anche del PUMS che prevede la realizzazione di quasi 3.000 nuovi posti auto a fronte dei 9.000 esistenti (dati PISAMO, escluso il litorale). Non solo: la maggior parte di questi nuovi parcheggi andranno ad occupare superfici attualmente verdi, per un’area totale equivalente a 10 campi di calcio e una volta e mezza quella prevista per il parco di Cisanello.
Questo significa anche cancellare previsioni del tutto sbagliate come quella della Cittadella Aeroportuale e della Tangenziale Nord est, un’altra grande opera che distruggerà il nostro territorio aumentando i problemi di traffico ed inquinamento, al posto della quale noi prospettiamo un grande parco agricolo della piana pisana.
Occorre andare verso una pianificazione urbanistica opposta a quella fatta negli ultimi 20 anni, che metta al centro non solo la salvaguardia ma l’ampliamento delle aree verdi sia nell’abitato sia intorno alla città, ripristinando anche dove possibile suolo libero da destinare a verde. Serve investire su una vera e propria infrastruttura verde che innervi l’intera città e che contempli un uso di specie arboree e arbustive, oltre che di tappeti erbosi, in grado di creare una connessione il più possibile continua tra le aree verdi già esistenti o in via di costituzione. Queste sono le uniche infrastrutture che potranno salvarci dai cambiamenti climatici già in atto.