Bancarelle del Duomo: è l’ora che il pubblico giochi le sue carte per il bene comune

Da anni ormai si pone periodicamente all’attenzione della città la questione delle bancarelle del Duomo. Possono stare o no nella piazza? Quale sarà il loro futuro?
Le forze politiche si sono espresse e divise, e l’amministrazione ha puntato a affrontare direttamente la questione, oggettivamente difficile, continuando a rimandare con soluzioni provvisorie, proroghe e silenzi assordanti: ma alla fine i nodi vengono sempre al pettine. Una città in Comune non ha mai nascosto il proprio giudizio negativo sul rimanere delle bancarelle nella Piazza, ma allo stesso tempo ha sempre preteso chiarezza e serietà da chi governa la città, perché il problema è stato creato da scelte sbagliate del passato e ora non si può derubricare una questione cha parla di lavoro di decine di famiglie a semplice questione di regole e normative. Abbiamo sempre detto che la scelta di incentivare la strada “privata” fosse sbagliata: la liberazione e riqualificazione della piazza siano l’occasione per riqualificare anche l’attività commerciale storica dei bancarellai, nel senso di una maggiore qualità e rappresentatività del territorio. Come? Sfruttando l’opportunità epocale del piano di recupero del Santa Chiara, un enorme patrimonio pubblico. Perché venderlo a prezzi stracciati ai privati, creando difficoltà economiche da una parte e perdendo l’occasione di “governare” il commercio di Piazza dei Miracoli dall’altra?
Una soluzione seria a nostro avviso potrebbe essere quella di tenere in mano pubblica il futuro edificio commerciale, e mettere a bando le licenze di vendita a patto che siano rispettati gli standard di qualità e territorialità dei prodotti venduti, e che non ci siano subappalti delle licenze. Naturalmente nelle prime assegnazioni potrebbe essere data la priorità ai titolari attuali delle licenze, che non sarebbero però ereditabili, ma messe a bando una volta venuta meno la possibilità di utilizzarle. La situazione attuale, con la proprietà interamente in mano alla Regione (AOUP), e con l’obbligo di acquisto (a meno di una penale) di tutta l’area da parte dell’impresa che realizzerà il nuovo ospedale di Cisanello, permette di avere dei margini di manovra: e quale momento migliore dell’attuale (ovvero la campagna elettorale) per tentare di riaprire il discorso, fissando nuove condizioni per la vendita?
Crediamo che questo sarebbe un buon modo di mantenere un controllo indiretto sull’economia e la piccola imprenditoria, aiutandola e indirizzandola. Evitando di consegnare il timone alla grande speculazione immobiliare. Questo sarebbe un progetto di medio periodo, che non risolverebbe il problema attuale della scadenza della concessione su Piazza Manin, ma siamo convinti che avere una direzione chiara e definita renderebbe più facile anche la soluzione transitoria.

Marco Ricci, consigliere comunale ‘una città in comune’-prc

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