Raccogliamo con preoccupazione e apprensione l’ennesimo appello che viene dalle detenute e dei detenuti del Carcere Don Bosco sulle condizioni di invivibilità all’interno della struttura, che anche noi denunciamo da anni. Con il caldo opprimente di queste settimane tale situazione diventa insopportabile, in aperta violenza a qualsiasi diritto alla persona.
Una situazione che la stessa Garante per i diritti dei detenuti, l’avvocata Abu Awwad, ha drammaticamente confermato chiedendo interventi urgenti sulle condizioni igienico-sanitarie e sulle disinfestazioni per cimici e scarafaggi.
I mesi estivi sono da sempre drammatici in carcere: all’interruzione della maggior parte delle attività educative e formative si aggiungono condizioni inumane legate al caldo. Un inferno in cui nel nostro paese continuano a togliersi la vita decine di persone, davanti agli occhi di una politica assente e colpevolmente ignara.
Le ragioni della protesta sono non solo fondate, ma è inammissibile che si ripetano costantemente senza che vengano trovate soluzioni, confermando che per chi governa il carcere è solo “una discarica sociale” da demonizzare, ad esempio attraverso l’introduzione del reato di “rivolta in carcere”, previsto dal nuovo pacchetto Sicurezza.
Sosteniamo le proposte puntuali della Garante, e le richieste che i detenuti e le detenute hanno avanzato alla Direzione del carcere. Rilanciamo e facciamo nostro l’appello alla cittadinanza e anche al mondo associativo per strumenti come lavatrici e ventilatori che mancano.
Ma ancora una volta ribadiamo che l’amministrazione comunale non si deve girare dall’altra parte, come invece ha fatto in tutti questi anni, in particolare su quelle che sono sue competenze su cui può fare molto.
Nella casa circondariale, infatti, sono tante le persone che hanno i requisiti per accedere all’esecuzione penale esterna ma non ci sono le condizioni per le prospettive di un reale inserimento.
Contro i detenuti e in genere contro le persone vulnerabili i continui tagli ai servizi e ai diritti si ritorcono in modo drammatico, e privano le persone delle opportunità per scegliere percorsi di vita di piena cittadinanza e di legalità. In questo, il Comune di Pisa continua a distinguersi per l’assoluto disinteresse della situazione carceraria.
Per abbattere la recidiva bisogna costruire cittadinanza e l’unico modo per arrivarci sono i servizi per l’inserimento sociale e per l’accesso al lavoro e alla casa. Ma l’amministrazione comunale ha deciso di non considerare i detenuti del Don Bosco come abitanti su suolo pisano, dimenticandosi che, una volta finita la pena, la maggioranza di chi esce dal Don Bosco rimane sul territorio, senza alcuna possibilità di un positivo inserimento in società.
Noi denunciamo la latitanza del Comune da dieci anni, nonostante anche numerosi atti da noi proposti ed anche votati all’unanimità, con ragionevoli proposte di intervento di competenza dell’Ente Locale, ma nulla poi è stato fatto di concreto. Rilanciamo quindi l’urgenza che il Comune si attivi con politiche attive in collaborazione con le altre istituzioni del territorio.
In particolare, riteniamo non più rinviabile l’attivazione del tavolo cittadino sulle politiche di inclusione delle persone detenute: abbiamo portato la nostra proposta in commissione durante l’audizione della garante ed ha riscosso entusiasmi e consensi. Ora è il momento di dare una risposta concreta: partiamo subito dai percorsi per il lavoro, mettendo in rete l’ente locale, il Centro per l’Impiego, la Societa della Salute e il mondo produttivo.
In questi giorni sempre più difficili anche all’interno del Don Bosco mandare forte il messaggio che chi è nel carcere è parte della nostra città e ha gli stessi diritti che non possono essere mai così calpestati.