Ancora le Ex Stallette! Uno scenario fallimentare per il recupero di quella porzione di mura (progetto PIUSS), che ha fatto emergere contrasti tra uffici comunali e carenze di controlli amministrativi, ma sopratutto ha aumentato i costi di quasi mezzo milione di euro per la liquidazione della ditta che non avrebbe eseguito una tranche di lavori.
Anche ciò che è stato realizzato non va meglio, anzi. Il 23 aprile scorso la Soprintendenza di Pisa ha eseguito un sopralluogo e ha evidenziato “lavori di consolidamento realizzati in difformità da quanto prescritto”. Nella relazione si legge che “in ordine al rilevante carattere storico di buona parte degli elementi morfologici dell’edificio […] risulta eseguito il cordolo perimetrale, non autorizzato, in corrispondenza delle pareti aggiunte e, nella realizzazione della copertura in travi, travicelli e mezzane in cotto, la stuccatura di queste ultime risulta eseguita con materiale cementizio”. Molte sono le infrazioni rilevate e per questo vale la pena leggere integralmente la relazione a firma dell’arch. Marta Ciafaloni e dell’ing. Gino Cenci (qui allegate), ma alcune osservazioni sono davvero eclatanti: “in luogo dell’antica e stretta scala di salita al camminamento risulta realizzata una più ampia scala in cemento, mentre la porzione sommitale del muro di consistente spessore perpendicolare alla cinta muraria, risulta impropriamente dotata di alto cordolo in calcestruzzo armato posto su muratura in mattoni a due teste, di minore spessore”. Non da meno è la realizzazione della struttura portante dell’ascensore “in calcestruzzo di cemento armato, con parziale demolizione di una volta in foglio”. La relazione, infine, denuncia l’adozione di “procedure e metodologie di finitura estranee ai principi basilari del restauro conservativo”.
Due anni fa circa l’architetto Massimo Carmassi aveva scritto una lettera al primo cittadino per contestare un intervento di restauro che procedeva con diffuse stuccature con dosi massicce di malta sull’intera rete di connessioni orizzontali e verticali delle superfici in pietra. Qui siamo all’uso di cemento armato con demolizioni di porzioni originarie. Tornano alla mente le parole del compianto Emilio Tolaini, che nel 2005 aveva già aspramente criticato il primo restauro delle mura, attribuendo alle ringhiere di fronte al Duomo “la capacità di deturpare il disegno della merlatura e l’orizzonte visivo della piazza”, ritenendole “un caso purtroppo esemplare di mercificazione di un bene culturale e di degrado da turismo”. Del resto, è una tendenza generale quella che vede i nostri centri storici ridotti a luna-park accessibili a pagamento: nel caso delle mura di Pisa l’amministrazione comunale dimostra di essere interessata solo a trasformarle in un grande evento, altrimenti perché costituirebbero un’attrazione? Dunque cemento, anche a costo di pagare multe! Chissà cosa ne pensa l’Amur, l’Associazione per le Mura di Pisa…