La notizia dell’ennesimo crollo, stavolta del tetto della chiesa di San Martino, ci rattrista e ci sconsola. Il patrimonio culturale pisano è in dissesto da oltre vent’anni e non si contano i cedimenti, le chiusure, gli edifici storici messi in sicurezza o lasciati in abbandono.
Tre mesi fa ci univamo all’accorato appello dell’arcivescovo Benotto affinché “ciascuno faccia la sua parte”, comprese le istituzioni locali e nazionali perché il patrimonio è di tutti. Poco prima la chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri (di proprietà demaniale) era stata chiusa per problemi strutturali al tetto, e ancora un anno addietro era stata la volta della piccola chiesa di Santa Marta per la stessa ragione. Otto anni fa accadde alla chiesa di San Francesco (anch’essa di proprietà demaniale), una delle principali emergenze architettoniche e storico-artistiche della città: ci mobilitammo con Tomaso Montanari, tante furono le promesse, le dichiarazioni di politici locali e nazionali, poi arrivarono persino i finanziamenti per far partire il cantiere di restauro. Tuttavia, dopo tutto questo tempo siamo ancora in attesa che qualcosa si sblocchi e che si possano tornare ad ammirare le vetrate della chiesa, i suoi monumenti funebri, gli affreschi della Sala del Capitolo. Nel frattempo però la piazza San Francesco è stata trasformata in un comodo parcheggio abusivo ed anche la facciata non è più completamente sgombra alla vista.
Tutti sanno che il nostro patrimonio culturale necessita di cura, di continua manutenzione e di tutela, dunque di soldi, tanti, e di istituzioni (le Soprintendenze) che vigilino e gestiscano i lavori. Le devastanti riforme dell’allora Ministero dei beni e delle attività culturali, oggi della Cultura (sigh!), da ultimo la famigerata Riforma Franceschini, hanno smantellato un sistema che, con pur mille falle e pochi quattrini, riusciva a svolgere il proprio ruolo. Oggi non più, intanto perché quegli uffici sono stati svuotati, poi perché si ragiona soltanto in una mera logica emergenziale: solo a crollo avvenuto ci si mobilita, con gran difficoltà e benemeriti sponsor (ad esempio l’Unicoop Toscana per la chiesa di San Paolo a Ripa d’Arno, dopo una lunghissima chiusura) o con i finanziamenti della Fondazione Pisa, che viene sempre chiamata ad intervenire ma che non può certo tappare tutti i buchi.
Perché di buchi, anzi di voragini ormai si tratta, ma è un disastro che viene da molto lontano. Basta passeggiare nel salotto del centro per trovare, a distanza di anni, gli stessi ponteggi (arrugginiti) davanti allo storico Palazzo (privato) Prini-Aulla o Mazzarosa sul Lungarno, che cade letteralmente a pezzi, e così il Complesso dei Trovatelli (svenduto a privati), anch’esso transennato, con l’adiacente Chiesa di San Giorgio in abbandono e dissesto. Fa piacere, senza alcuna ironia, che il consigliere del Pd Marco Biondi si accorga ora della situazione. Vale la pena ricordargli che non c’è alcun bisogno dell’ennesimo tavolo esterno, magari costituito da volontari, per monitorare sullo stato dei beni culturali: nonostante i tentativi di Franceschini e di altri del suo partito, e naturalmente delle forze di governo, le Soprintendenze esistono ancora ed a loro, per Costituzione, compete questo ruolo. Basterebbe tornare a farle funzionare.