Chiudiamo il cerchio

lunedì
18 giugno 2018
Testata:
CORRIERE FIORENTINO ECONOMIA
Pagina:
I-II

ECONOMIA CIRCOLARE, PARLA CHI LA FA: «SERVONO IMPIANTI E REGOLE, SENNO SONO CHIACCHIERE» di Leonardo Testai

L’Ad di Lucart Massimo Pasquini, uno dei pionieri dell’industria del riuso

Pasquini, amministratore delegalo di Lucarl: «La filiera del riciclo ha un senso se il cerchio si chiude, altrimenti resterà anche questa solo unabolla». Un problema, lo smaltimento dei residui senza il termovalorizzalore, e due proposte: tagliare l’Iva sui prodotti derivati dal riciclo e obbligare le pubbliche amministrazioni ad acquistarli di Leonardo Testai

L ‘economia circolare ha un senso se il cerchio si chiude: se non si creano le condizioni per poterla sviluppare, finirà in una bolla di sapone come tante cose in Italia». A dirlo, guardando i boschi della Valle del Serchio che circondano il grande stabilimento di Diecimo, nel Comune di Borgo a Mozzano, è chi l’economia circolare la fa da anni: Massimo Pasquini, amministratore delegato della Lucart, gruppo con 1.338 dipendenti tra Italia, Francia, Spagna e Ungheria, un fatturato annuo di 425 milioni di euro per 319 milioni di tonnellate di carta prodotte. Nelle parole di Pasquini c’è un riferimento implicito, e molto critico, alla «svolta» impressa dal governatore toscano Enrico Rossi, che dell’economia circolare ha fatto una bandiera. Ma anche la Regione, negli anni, raramente è venuta incontro alle richieste delle aziende al centro dei processi di riciclo, nelle norme come sul fronte delle infrastrutture.

Ogni anno Lucart lavora oltre 170 mila tonnellate di carta da macero nei suoi stabilimenti, di cui una gran parte all’interno del distretto cartario di Lucca. Ma senza norme che favoriscano da un lato lo smaltimento della frazione di rifiuto non riciclabile, e dall’altro creino un mercato privilegiato per i prodotti del riciclo, il rischio è che aziende d’eccellenza siano costrette a emigrare. In parte anche Lucart lo ha fatto, dopo che lo anni fa aveva pensato di realizzare un impianto a biomasse proprio a Diecimo, con cui smaltire i fanghi di cartiera, risultato del processo di depurazione della carta da riciclare: un progetto naufragato per l’ostilità di comitati ed enti locali. «Inutile fare la guerra contro i mulini a vento», sospira Pasquini: «Quell’impianto lo abbiamo fatto in Francia – dice – dove riusciamo a gestire i rifiuti con costi bassissimi e senza nessun tipo di problema. E poi abbiamo acquisito uno stabilimento in Spagna, che produce carte riciclate anche lì, e dove i costi sono assolutamente irrisori».

Con la sola discarica pistoiese del Cassero aperta e dopo lo stop del presidente della Regione alla realizzazione di nuovi impianti di termovalorizzazione – incerto anche il destino del pirogassificatore, come nel caso del progetto I{me di Fornaci di Barga a cui il distretto cartario guarda con speranza – il rischio è quello di una Toscana satura: e allora, rivela Pasquini, «noi stiamo aprendo un discorso in Austria, dove prendono il rifiuto, lo bruciano, e poi vendono energia a noi. Nel centro di Vienna, come in quello di Copenhagen in Danimarca, ci sono inceneritori perfetti che vanno benissimo, e così a Brescia, e non si è mai visto morire nessuno né a Brescia né in Emilia, dove ne hanno otto». Soltanto adesso la Regione, istituendo il tavolo sull’economia circolare, sembra voler dare risposte ai problemi legati ai rifiuti industriali, tramontata la strategia dei termovalorizzatori.

E Assocarta, l’associazione delle imprese del cartario, prende spunto dalla sentenza del Consiglio di Stato sull’impianto previsto a Case Passerini per rilanciare: «Nella sentenza – spiega il direttore generale Massimo Medugno – si scrive che i rifiuti speciali possono rientrare a pieno titolo nella pianificazione regionale e provinciale. Bene, noi chiediamo l’obbligo di considerare i rifiuti speciali da riciclo nella pianificazione regionale e provinciale, per avere maggiori certezze sulla chiusura del ciclo, dando un contributo in termini di riciclo su rifiuti difficilmente collocati». Certezze che oggi mancano, nell’attesa del recepimento delle direttive contenute nel pacchetto Ue di cui è stata relatrice a Strasburgo l’eurodeputata Simona Bonafè, che ne ha inviato i testi al nuovo ministro per l’Ambiente Sergio Costa: «Sarò in prima lineaha dichiarato Bonafè – affinché Costa dimostri nei fatti di essere per l’economia circolare, avviando da subito il recepimento delle direttive europee approvate e non disperdendo il lavoro fatto». Bonafé nell’ultimo periodo ha intensificato le sue visite di sensibilizzazione in Toscana: «L’economia circolare è una realtà che lungimiranti imprenditori hanno già messo in pratica da anni», ha detto un mese fa proprio in visita a Diecimo.

«Ricicliamo il 6o per cento nel settore – rivendica Medugno – e nell’imballaggio arriviamo all’8o%. Siamo in una fase di trasformazione come mai negli ultimi anni: ci sono molte iniziative per trasformare impianti per carte grafiche, che usavano materie prime vergini, in impianti che usano carta da riciclare per produrre imballaggi». La speranza degli operatori del cartario è che stavolta le norme dell’Unione europea siano recepite dall’Italia in modo meno restrittivo: «In Francia – dice Pasquini – i fanghi vengono conferiti liberamente nel terreno, in Italia no: sono fanghi uguali, non c’è nessuna differenza, e in Francia non sono pazzi». Difficile anche il riciclo dei cosiddetti «sottoprodotti», ovvero le plastiche usate per trattare alcuni prodotti cartari: l’Arpat applica le norme vecchie e non le nuove, lamenta l’azienda, che riesce a «chiudere il cerchio» solo per quanto riguarda il Tetrapak, grazie a un accordo specifico con Revet e altri soggetti. Nuove regole servirebbero, secondo Pasquini, anche per centrare un altro obiettivo: creare le condizioni per un mercato più ricettivo verso i prodotti del riuso, sia dal lato del singolo consumatore privato sia per quanto riguarda i grandi bandi pubblici, e sostenere quindi le aziende virtuose protagoniste dell’economia circolare. Nel primo caso, sostiene l’amministratore delegato della Lucart, «ci possono essere tanti mezzi di incentivazione, a partire dall’Iva ridotta, da sconti particolari per chi acquista prodotti realmente frutto di riciclo», mentre nel secondo caso servirebbero indirizzi più stringenti sulle certificazioni: sotto accusa c’è il ricorso al marchio Ecolabel, che certifica il ridotto impatto ambientale del prodotto, ma non necessariamente la sua provenienza da materiale di riciclo. «Quindi non è più vero che si devono usare prodotti riciclati nella pubblica amministrazione», lamenta Pasquini mostrando alcuni bandi per le forniture di carta tissue, talvolta con l’indicazione «pura cellulosa»: in questo caso la richiesta è quella di inserire criteri più stringenti.

Massimo Pasquini è amministratore delegato delle cartiere Lucart, con sede a Diecimo, nel Comune di Borgo a Mozzano.

I numeri

1.338 Dipendenti negli stabilimenti di Italia, Francia, Spagna e Ungheria

425 Milioni di euro il fatturato annuo del gruppo Lucart, pioniere del riciclo

319 Mila tonnellate l’anno di carta la capacità produttiva del gruppo

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