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Africa Insieme, Progetto Rebeldia, OsservAzione e il Comitato per i diritti dei bambini e delle bambine della Bigattiera chiedono chiarimenti sulle affermazioni dell’assessore al Sociale e del viceprefetto vicario: “Le loro intenzioni sono illegali”
Una segnalazione al Prefetto e all’Unar (Ufficio Nazionale Anti Discriminazioni Razziali) per ottenere quantomeno una rettifica delle dichiarazioni e una sostanziale inversione di rotta nelle azioni da intraprendere per la risoluzione delle questioni di accoglienza delle comunità sinti e rom. Ad aver infastidito (ma è un eufemismo) le associazioni Africa Insieme, Progetto Rebeldìa, OsservAzione e il Comitato per i diritti dei bambini e delle bambine della Bigattiera sono alcune affermazioni riportate dai quotidiani locali da parte dell’assessore al Sociale del Comune di Pisa Sandra Capuzzi e dal viceprefetto vicario Valerio Massimo Romeo circa l’intenzione di ridurre il numero dei rom (da 800 a 400) presenti sul territorio comunale in modo da arginare i fenomeni di illegalità.
“Le associazioni chiedono che la Prefettura, rappresentante dello Stato sul territorio, si faccia garante della legge per tutta la cittadinanza – affermano le associazioni – non è mera questione di linguaggio, è questione di fatti. Non si possono negare diritti su base etnica; né lo può fare lo Stato né tanto meno l’assessora Capuzzi e l’amministrazione di questa città. Questa è discriminazione ed è illegale, tanto per rimanere sul piano della legalità, quello tanto invocato nelle dichiarazioni dell’assessora e del viceprefetto. Inoltre quello che queste affermazioni suggeriscono è un clima discriminatorio di cui tutta la società civile risente negativamente, che impoverisce questa città e che non fa altro che alimentare conflittualità sterile”.
“Eventuali limitazioni al diritto di residenza o al diritto / facoltà di soggiorno non possono essere disposte su base etnica – si legge nella lettera inviata al Prefetto – in altre parole, mentre è possibile – per lo Stato centrale, non per le amministrazioni comunali – contingentare o limitare gli ingressi e i soggiorni dei cittadini stranieri, non è consentito introdurre le medesime disposizioni restrittive per specifiche categorie individuate su base etnica. Non è quindi legittimo disporre “numeri massimi”, né parlare di “sostenibilità”, con riferimento agli aspetti quantitativi della presenza di rom e sinti. Ciò violerebbe il principio di ragionevolezza che sempre deve ispirare le politiche in materia di immigrazione (Corte Costituzionale della Repubblica Italiana, sentenza n. 62, 1994), e costituirebbe una evidente discriminazione su base etnico-razziale, vietata tanto dalle norme interne (Costituzione della Repubblica Italiana, art. 3; decreto legislativo 286/98 e successive modifiche, art. 43), quanto da quelle comunitarie e internazionali (cfr. inter alia, Direttiva 2000/43/CE del Consiglio Europeo che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica; Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 21 dicembre 1965, ratificata dall’Italia con legge n. 654 del 13 ottobre 1975)”.