Vogliamo ringraziare il Rettore Zucchi per aver risposto alla nostra lettera aperta riguardante la realizzazione del nuovo Dipartimento di Biologia: il nostro primo intento infatti era quello di colmare una evidente lacuna di comunicazione e confronto tra l’Università, le Amministrazioni Comunali con le quali è stato concordato il progetto, e la città, tenuta totalmente all’oscuro.
Aprire una discussione pubblica è un primo passo in questa direzione, data la grande importanza di questo come di altri eventuali progetti che mettano in condizione l’Università e i suoi Dipartimenti di svolgere al meglio il proprio ruolo di ricerca e didattica, anche attraverso la creazione di nuovi e più idonei spazi. Importanza che noi riconosciamo in pieno.
Quello che ci preoccupa è come questo avvenga, e le conseguenze di questo processo: il consumo di suolo nelle aree agricole periurbane, la distruzione di preziose aree verdi di periferia e l’abbandono di importanti strutture nel centro cittadino. Un processo di questa portata per la città e il suo territorio non può che essere affrontato tramite una discussione ampia e approfondita per giungere ad una condivisione degli obiettivi, degli strumenti, e dei vincoli.
Apprendiamo, dalla lettera del Rettore, che sarebbe stato avviato un confronto con l’Amministrazione: peccato che l’informazione è quasi nulla al riguardo e che questo non abbiamo ad oggi alcuna ricaduta sulla città. Tra l’altro, esistono luoghi di incontro e discussione anche formali che non sono stati utilizzati, a partire dalla CUT, la conferenza Università – Territorio, in cui Comune e Università sono ufficialmente rappresentati. Crediamo che un progetto così rilevante avrebbe dovuto essere discusso anche lì, non solo in sé e per sé ma anche nel quadro strategico in cui si pone.
Per quanto riguarda il merito del progetto, crediamo che debbano essere individuate, soppesate tecnicamente e discusse pubblicamente diverse alternative.
Un esempio: se realizzato, l’edificio rappresenterà un evidente blocco al corridoio ecologico esistente e riconosciuto come uno degli “Obiettivi qualitativi e funzionali generali” nella scheda norma del RU vigente, e la mitigazione con i tubi sottostrada per il passaggio della piccola fauna selvatica non è assolutamente sufficiente a garantirne la piena funzionalità. Se veramente non fosse più possibile ripensare integralmente il progetto, una vera riduzione dell’impatto si potrebbe ottenere ad esempio con una revisione della disposizione dell’edificio lasciando una vera fascia verde di collegamento che comprenda anche le tubazioni sottostrada citate nella lettera con le aree agricole a Nord di via Moruzzi.
Rispetto alla nuova viabilità prevista verso Sud, di collegamento con via De Ruggero: sarebbe poco utile e fortemente impattante sia dal punto di vista ecologico rispetto alla sicurezza di un’eventuale fruizione dell’area a fini ludico-ricreativi (si pensi anche all’attuale frequentatissimo skate park). E’ fondamentale anche in questo caso pensare a delle alternative da valutare tecnicamente e discutere apertamente: ad esempio realizzare una pista ciclabile di attraversamento dell’area; le auto potrebbero utilizzare la viabilità esistente. Se davvero, come si dichiara, si pensa di servire la zona col trasporto pubblico, non ha davvero alcun senso costruire l’ennesima strada.
Data l’apertura al confronto emersa dalla lettera del Rettore, vogliamo cogliere l’opportunità di affrontare anche le altre criticità che abbiamo individuato fin dall’inizio: è necessario porsi il problema del consumo di suolo, della sottrazione di aree verdi, dell’aumento del traffico e dei consumi. Costruire nuovi edifici in periferia abbandonando i vecchi produce troppo spesso quel fenomeno dannoso ormai universalmente riconosciuto come sprawl urbano, che ha effetti negativi non solo sugli spazi ma anche sul traffico e sui consumi energetici.
Crediamo che l’Università di Pisa potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nell’inaugurare sul nostro territorio una diversa politica urbanistica che sappia tenere insieme diverse esigenze collettive, la qualità della vita e la salute della cittadinanza, la lotta al riscaldamento globale e la tutela e il miglioramento della biodiversità.
Questo sarebbe davvero profondamente in linea con una terza missione intesa in senso alto, che potrebbe già trovare una declinazione concreta in questa occasione.
Una città in comune