Don Bosco: cronaca di una morte e protesta annunciata

Quanto accaduto nella drammatica e convulsa giornata del 30 agosto chiama in causa tutta la comunità. Il suicidio di un ragazzo di appena 21 anni, a cui è seguita la pesantissima e drammatica rivolta nelle mura del carcere Don Bosco occuperà le prime pagine della cronaca locale. E poi come è avvenuto anche in passato, il carcere continuerà ad essere un luogo separato, invisibile, dimenticato.

Gli esperti leggono questi atti drammatici come un estremo, doloroso tentativo di stabilire una comunicazione, una relazione con il mondo esterno, e di uscire dalla condizione di invisibilità.

Sono un atto di denuncia per le condizioni di invivibilità della struttura, per la restrizione degli spazi di libertà interni, per la pesante riduzione di attività di socializzazione, imposte durante l’estate per questioni di sicurezza.

A coloro che stanno pensando che in fin dei conti la popolazione carceraria “se lo merita” ricordiamo che questi ambienti disumani non sono solo spazi di pena ma anche luogo di lavoro per molti uomini e donne. Operatori e operatrici, polizia penitenziaria, addetti ai servizi, personale sanitario come coloro che scontano la pena – prima di tutto poveri – sono costretti a svolgere il loro lavoro in assenza di qualsiasi minima garanzia di sicurezza, al caldo torrido, spesso senza acqua o con inquinamenti di qualsiasi tipo. Non a caso gli interventi dei vari sindacati – di cui alcuni non condividiamo toni e proposte – oggi come in passato si accavallano.

Denunce che il Garante dei diritti delle persone private dalla libertà nel suo ultimo rapporto ha ben evidenziato, puntando il dito, tra l’altro, sull’urgenza della attuazione di almeno sessanta interventi manutentivi all’interno dell’istituto pisano.

Ma nulla è stato fatto. I problemi strutturali, le carenze di servizi il sovraffollamento sono ormai diventati a Pisa come nella maggior parte delle carceri italiane la drammatica normalità nell’assenza di qualsiasi politica nazionale.

Da anni, in innumerevoli occasioni, abbiamo chiesto a tutte le istituzioni preposte e in particolare al Comune di Pisa che si adottassero misure concrete per superare la distanza tra il territorio e il carcere e la stessa richiesta è stata rivolta da associazioni, operatori, altre forze politiche. Per ben due volte il Consiglio Comunale ha impegnato la Giunta ad adoperarsi per assicurare interventi concreti e praticabili per migliorare a condizione estrema di vita dei detenuti.

Riteniamo che mai come adesso sia urgente e prioritario non dimenticare: pur con un ritardo inaccettabile, chiediamo che il Sindaco dia un segnale forte e risponda con atti concreti alla richiesta di diritti e visibilità di un ragazzo suicida.

 

Rifondazione Comunista

Una città in comune

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