«È l’ideologia che batte l’algoritmo. La linea Salvini schiaccia i grillini»

martedì
12 giugno 2018
Testata:
CORRIERE FIORENTINO
Pagina:
7

L’analisi di da Empoli: il Partito democratico? Cambi o non si riprenderà

L’intervista

di Paolo Ceccarelli

Lui, da uomo vicino a Matteo Renzi, i Cinque Stelle li ha studiati e raccontati in un libro uscito un anno fa (La rabbia e l’algoritmo, edito daMarsilio). Oggi, davanti ai risultati delle Amministrative, Giuliano da Empoli dice che la battuta d’arresto del M5S significa una cosa semplice: «In un’alleanza tra un partito con un’identità forte come la Lega e una forzaalgoritmo, vince il primo». Ma il fondatore del think tank «Volta», ex assessore alla Cultura a Firenze con Renzi sindaco, avverte anche il Pd: «Se i Democratici non modificheranno la loro offerta politica, gli elettori di sinistra delusi dai grillini non torneranno al vecchio amore: andranno da un’altra parte».

Da Empoli, anche in Toscana la Lega vola e i Cinque Stelle soffrono. Perché c’è questa doppia velocità elettorale nell’alleanza gialloverde?
«Con la metà dei voti ottenuti il 4 marzo rispetto ai Cinque Stelle, la Lega è riuscita a instaurare una egemonia culturale sulla linea del governo. Ha potuto farlo perché ha una linea precisa e molto forte, mentre i Cinque Stelle sono un partito algoritmo: molto variabili, senza identità, cambiano queste elezioni?

«I Cinque Stelle sono prima di tutto un partito anti-sistema, ma oggi sono al governo: già solo per questo sono destinati a pagare un prezzo rispetto al loro elettorato più incazzato. E poi sono in un esecutivo che ha una linea sovranista, come dimostra il caso della nave Aquarius: questa durezza non è indifferente per una quota importante del loro elettorato».

La gestione dei flussi migratori rischia di intaccare il loro consenso?
«Non sarà solo questo. Il punto di fondo è che la linea di Salvini ha una sua coerenza su tutti i fronti: dal rapporto con l’Europa all’immigrazione passando per i diritti civili».

Cioè l’ideologia, data per morta, batte la post-ideologia del «non siamo né di destra né di sinistra»?
«Non so se è così. Di sicuro in un’alleanza tra un partito con un’identità forte e un algoritmo, vince la forza che ha un’ideologia. Fino a poco fa la strategia del M5S aveva un cardine, quello di non allearsi. Ma l’algoritmo funziona finché sei solo e lo puoi seguire agilmente, accarezzando il consenso».

Il sindaco di Livorno Nogarin ha scritto e poi cancellato un post contrario alla linea di Salvini sulla nave Aquarius. Dietro c’è la paura di perdere gli elettori provenienti da sinistra?
«Senza dubbio. E credo che nel M5S ci sarà prima o poi un tentativo di far sentire una voce diversa e di essere un po’ partito di lotta e di governo». E come?
«C’erano una volta le riserve della Repubblica. Oggi abbiamo le riserve del vaffanculo: Beppe Grillo e Alessandro Di Battista».

L’immigrazione e la sicurezza restano però un tallone d’Achille per il Pd. Perché?
«A sinistra, non solo in Italia, si confrontano la posizione fautrice di una forte apertura, in omaggio ai valori tradizionali dei progressisti, e quella che si può riassumere così: non dare una risposta forte su questi temi significa aprire la strada a reazioni ancora più dure. Il problema è che la sinistra si dibatte tra queste risposte senza riuscire a quadrare il cerchio. In Italia l’esperienza di Minniti è stata troppo breve per produrre un impatto forte sulla ventennale visione lassista della sinistra».

A fronte della battuta d’arresto grillina, il Pd non recupera terreno. Perché?
«Ecco, voglio essere molto chiaro. È possibile che gli elettori M5S restino delusi anche abbastanza rapidamente, ma mi sembra impossibile che decidano di ritornare meccanicamente verso il vecchio amore. Se il Pd non modifica la sua offerta politica in modo radicale, questi elettori non torneranno».

Renzi ha detto che non si ricandiderà segretario. Come sarà il Pd post-renziano?
«In questo momento non c’è dentro il Pd né una leadership né una linea politico-culturale che sia in condizione di sostituire l’impronta data da Renzi. D’altronde è vero che siamo abituati ad avere su tutto la risposta a portata di iPhone, ma sarebbe un po’ ingenuo pensare che oggi, dopo un terremoto politico come quello del 4 marzo, dentro al Pd ci siano già un leader e una linea pronti alla situazione. C’è da augurarsi che emergano con il passare del tempo, ma guai a pensare che sia una cosa scontata».

Insomma il Pd si deve preparare alla traversata nel deserto.
«È nell’ordine delle cose. Ma c’è da lavorare, ovviamente: aspettarsi che la maggioranza gialloverde si distrugga da sola o pensare che sia un incidente della storia sarebbe un errore clamoroso per il Pd».

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