Emergenza apertura scuole anche a Pisa: mancano decine di insegnanti e aumenta il precariato

Nei suoi discorsi pubblici il ministro Patrizio Bianchi, come quelli precedenti, ha sempre raccontato con entusiasmo la favola di progetti per rendere la scuola un luogo capace di accrescere il benessere degli studenti e le loro “competenze”. Ha ripetuto il mantra della “scuola dell’inclusione”, che permetterebbe a tutte le studentesse e gli studenti di superare le difficoltà di qualsiasi genere – sociale, economico, comportamentale, relazionale, apprenditivo – e di raggiungere il “successo formativo”.

Ma, mentre nella sua retorica questo obiettivo va raggiunto “reimpostando” i docenti, la cui libertà di insegnamento sarà vincolata dai piani di formazione previsti dal Decreto 36 e dalla nuova figura del “docente esperto” contemplata nel Decreto Aiuti bis, i fatti dimostrano tutt’altra realtà, che possono sperimentare direttamente anche studentesse e studenti di Pisa e provincia.

Il nuovo anno scolastico sta per iniziare e si ritroveranno davanti a un problema con cui si confrontano ormai da anni: la carenza di docenti di ruolo. Tra scuola secondaria di primo e secondo grado, la media degli insegnanti con contratto a tempo determinato nell’area pisana sarà del 40%, con punte del 60% per quelli di sostegno. Con buona pace della continuità didattica, fondamentale per garantire la buona formazione di studentesse e studenti e che, però, non sembra una priorità neppure per questo governo. All’Ipsar “Matteotti” addirittura è a rischio la possibilità di soddisfare le richieste di molti studenti che si sono iscritti nei mesi estivi, a causa di un organico insufficiente.

Restano ancora al palo, dunque, le assunzioni necessarie, così come il rinnovo del contratto, scaduto da più di tre anni, e gli aumenti stipendiali.

Si continua a mortificare lavoratrici e lavoratori della scuola con attacchi alla loro professionalità e con politiche economiche che li mantengono in uno stato di precarietà (sintomatico che nell’ultimo concorso ordinario la media dei docenti respinti sia stata del 90% nelle prove scritte) o non adeguano le loro retribuzioni alla quantità di lavoro svolto e al costo della vita che continua a crescere. Questo discorso non vale solo per i docenti ma anche per il personale ATA, sotto organico, anch’esso in molti casi con occupazione non stabile, oberato da carichi aggiuntivi sia per la cura maggiore degli ambienti scolastici che la pandemia ha comportato, sia a causa di una maggior difficoltà di gestione amministrativa che i contratti degli insegnanti precari comportano.

Rimane poi il problema delle classi troppo numerose, ma Bianchi ha dichiarato che non è opportuno ridurre la quantità di studenti per classe, perché questo li metterebbe a disagio. A ciò si aggiunge la cronica mancanza di spazi, che la pandemia ha aggravato.

Con questo modello di gestione si prendono “due piccioni con una fava”, colpendo contemporaneamente due diritti sanciti dalla Costituzione, il lavoro e l’istruzione, in perfetta coerenza con le politiche che da anni, inesorabilmente, erodono il nostro Stato sociale e la sovranità popolare.

Una città in comune

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