Il Comune di Pisa nello scorso agosto ha partecipato alla manifestazione di interesse fatta da Invimit Sgr in qualità di società di gestione del fondo “i3- Valore Italia” finalizzato alla valutazione da parte di quest’ultima di operazioni di compravendita di immobili di proprietà di enti pubblici.
E con questo atto la Giunta Conti ha così manifestato l’interesse a (s)vendere:
1) La Mattonaia, per una stima crollata a 1.971.000 euro per una superficie utile lorda di 1.757,25 mq;
2) l’ex asilo Coccapani, anche questo con un valore bassissimo pari a 599.038, 73 euro per una superficie utile lorda di 1084, 20 mq
3) l’edificio in via Fermi , ex sede degli uffici dell’Apes, per un valore di 2.090.961,00 euro per una superficie utile lorda di 1653,70 mq.
L’operazione della Giunta Conti è proprio quella di (s)vendere questo patrimonio per consentire ad Invimit di realizzarvi hotel studenteschi, andando a drogare ulteriormente il mercato, senza dare risposte alle richieste di posti alloggi per il diritto studio, ma anzi creando luoghi in aperta competizione.
Nel caso poi dell’ ex asilo Coccapani e dell’edificio di via Fermi il Comune, per chiudere la vendita, dovrà anche procedere a dei cambi di destinazione d’uso non essendo attualmente lì previste funzioni ricettive per studenti e studentesse.
Siamo di fronte ad una scelta pericolosissima che avrebbe effetti devastanti sulla città e sulla comunità studentesca producendo una trasformazione irreversibile in termini di esclusione sociale pesantissima.
Se consideriamo che già sull’Artale si prevedono, con il piano di recupero, decine e decine di posti letto privati per studenti così come per la Paradisa che Invimit vuole vendere ad un fondo immobiliare con la stessa finalità ci troviamo davanti ad una strategia precisa che muterà il volto di Pisa, della composizione studentesca che verrà nella nostra città e del rapporto tra città ed università.
Stiamo parlando di quasi 1000 posti letto per studenti e studentesse che si vogliono immettere sul mercato a prezzi di mercato, calpestando così ulteriormente il diritto allo studio di migliaia di studenti e studentesse che hanno diritto già oggi ad un posto alloggio del Dsu che non gli viene garantito e sul quale ad oggi non ci sono investimenti per dare una risposta.
Anche per questo siamo totalmente contrari a questa operazione del Comune di Pisa e rilanciamo invece la necessità di un intervento pubblico coordinato tra Regione, DSU, Comune, Provincia e Università, perché il patrimonio pubblico sia recuperato e non svenduto, perché sia utilizzato per case dello studente a partire proprio dalla Paradisa. Occorre svelare l’inganno raccontato dal Sindaco: questi spazi non si useranno per residenze studentesche, idonee a garantire davvero il diritto a lo studio, ma solo per speculare e fare cassa visto che il Comune non ha più risorse.
Occorre chiedersi cosa significa davvero garantire il diritto allo studio: se non ho un luogo dove stare, se i rimborsi sono quelli che arrivano solo ex post con i contributi regionali – e che comunque non bastano per coloro che ne avrebbero diritto- vuol dire escludere ulteriormente le fasce economicamente più deboli dalla nostra città e dall’accesso al percorso universitario.
Ormai studiare è un privilegio cui può accedere solo chi ha una copertura di reddito familiare alle spalle.
Inoltre occorre chiederci che cosa significhi essere una città universitaria: le persone che studiano a Pisa non debbono essere trattate come fonte di mero introito economico e relegate in determinati luoghi o quartieri.
L’arricchimento e la potenzialità di un tessuto cittadino contaminato da universitarie/i passa dal rendere le persone che studiano nella nostra città parte attiva e integrata della stessa.
La gestione delle politiche abitative studentesche è una responsabilità enorme: significa colmare i divari territoriali che esistono nel nostro paese, significa creare opportunità di crescita per chi viene da una situazione di fragilità, significa garantire in modo effettivo il diritto allo studio. Il recupero di questo patrimonio significa poi non finanziare ulteriore cementificazione, significa unire una battaglia di giustizia sociale ad una battaglia di giustizia ambientale e climatica.
Una città in comune