Risale a pochi giorni fa l’inaccettabile e inaudita richiesta fatta da Piaggio agli operai: l’azienda pontederese chiede ai lavoratori di restituire parte del premio di produzione relativo al 2012. La “restituzione” avverrebbe tramite un prelievo dalla busta paga. Si tratterebbe, in altre parole, di un furto, ai danni di lavoratori già da
anni vessati dalla Piaggio.
Anche il 2013 infatti si è aperto con la cassa integrazione imposta dall’azienda dal 10 dicembre al 21 gennaio, con la conseguente pesante riduzione di salario e tredicesima. Misure come la cassa integrazione e la richiesta della restituzione del premio, risultano ancora più odiose se si pensa che, anchequest’anno, l’azienda ha distribuito consistenti dividendi ai propri azionisti, ovviamente sulla base di buoni utili raggiunti. Questo fatto ci lascia pensare che lo stop lavorativo abbia avuto più a che fare conil bisogno dei bilanci finanziari dell’azienda che con la produzione.
Bene hanno fatto, pertanto, i lavoratori a scendere in piazza scioperando e bloccando la stazione di Pontedera. Un’azione forte che ha costretto persino il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, a intervenire, tirando le orecchie a Colaninno per questo atto di prepotenza ed arroganza che segna un ulteriore spartiacque. Siamo quindi alle solite: la finanza ingrassa sulle spalle di utili creati dai lavoratori, che si trovano sempre più stretti tra salari da fame e condizioni di lavoro più dure.
Per quanto ci riguarda, siamo con le lavoratrici e i lavoratori della Piaggio che dicono no a questo ennesimo sopruso padronale; trovandosi già a dover vivere con un salario ridotto in conseguenza ai contratti di solidarietà in vigore da oltre un mese, nel Paese dove i salari da lavoro dipendente sono fermi da venti anni e negli ultimi 4 anni il reddito procapite è diminuito di 1300€, quello che sta avvenendo alla Piaggio è una vergogna.
Siamo inoltre solidali con tutti quei lavoratori precari che, a fronte del mancato ricorso da parte di Piaggio ai contratti a termine per il 2013, si vedono privati di una fonte di reddito seppur temporanea in un territorio quale quello pisano in cui è sempre più complicato trovare una qualche forma di impiego retribuito.
Mentre l’azienda si vanta di numero da record con una posizione sempre maggiore preminenza sui mercati, a pagare sono sempre gli operai e le operaie di una fabbrica sul cui futuro però Colannino non ha mai detto parole chiare. E’ ora che le ambiguità vengano sciolte e che quanto tolto agli operai in tutti questi anni con l’introduzione di ritmi di lavoro sempre più serrati e meno sicuro inizi ad essere restituito.
Una città in comune
Rifondazione Comunista
Pisa 08 aprile 2013