Le richieste di rinvio a giudizio per 24 persone e 6 società da parte della Dda di Firenze per l’inchiesta Keu confermano ancora una volta quanto emerso già con l’avvio delle indagini: l’esistenza di un vero e proprio intreccio tra politica e affari volto ad evitare i controlli ambientali e così garantire lo smaltimento illecito dei rifiuti conciari, grazie alla collaborazione di imprese che secondo gli inquirenti sarebbero legate dalla ‘ndrangheta calabrese.
Conferma anche che tale intreccio vede coinvolti i vertici dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno e figure chiave del potere amministrativo locale e regionale del Partito Democratico: dall’ex-segretario di gabinetto prima di Enrico Rossi e poi di Eugenio Giani, Ledo Gori, al consigliere regionale del Pd Andrea Pieroni, alla sindaca di Santa Croce e presidente del Polo Tecnologico Conciario Giulia Deidda.
L’impianto accusatorio nei loro confronti viene ancora una volta confermato in tutta la sua gravità e viene, infatti, contestata l’associazione a delinquere oltre ai reati ambientali, la corruzione elettorale e il falso, sconfessando ancora una volta chi ha provato in questi anni a descrivere un distretto industriale non lambito da fenomeni criminali.
Anzi: dal quadro delle indagini emergerebbe un vero e proprio sistema di penetrazione della ‘ndrangheta da una parte, e dall’altro lato una politica completamente asservita agli interessi dei conciatori come dimostra il tristemente famoso emendamento alla legge regionale 20/2006, redatto dall’avvocato Benedetti, consulente del consorzio Aquarno e presentato dai consiglieri del PD Andrea Pieroni (rinviato a giudizio), Antonio Mazzeo, Alessandra Nardini e Enrico Sostegni. Emendamento che mirava a sottrarre Acquarno dall’obbligo di sottoporsi alla procedura di autorizzazione integrata ambientale.
Che il distretto del cuoio fosse permeabile all’ingresso della criminalità organizzata – e del suo denaro illecito da riciclare – era emerso chiaramente già dal maggio 2018 con l’inchiesta “Vello d’Oro” della stessa DDA di Firenze. Che gli imprenditori e le società di depurazione spesso si liberassero abusivamente degli scarichi inquinanti non trattati, senza alcuna considerazione per le conseguenze ambientali e sulla salute dei cittadini, era evidente dai molti episodi occorsi in passato.
Ma dalla inchiesta emerge un quadro molto più grave che vede poteri economici e politici della nostra Regione in connessione con attività criminali ai danni dei cittadini e dell’ambiente.
Infatti sono migliaia e migliaia le tonnellate di rifiuti contaminati che sono stati utilizzati illegalmente e che hanno avvelenato la nostra terra per un lungo periodo; a fronte di profitti illeciti derivanti da questo connubio tra politica, mala-imprenditoria e criminalità organizzata, restano ancora contaminate aree in tutta la nostra provincia, con quello che questo comporta per la popolazione.
In tutto questo i Comuni sono stati lasciati soli a risolvere un problema generato da questo connubio ed in definitiva da una governance regionale che continua a non porsi il minimo problema sulla sostenibilità delle filiere industriali del territorio. Questo anche perché si tratta del solito odioso sistema: profitti privati e socializzazione dei costi. La prevenzione, la riduzione dell’impatto ambientale, viene fatta se e solo se ci sono finanziamenti pubblici: progetti di ricerca finanziati con i soldi di tutti perché l’industria italiana non investe in innovazione. E poi, quando ci sono danni, nell’interesse della salute pubblica, sono i Comuni a intervenire, visto che è sempre difficile poi rivalersi in danno sui soggetti responsabili: spesso società che falliscono. Ma non è assolutamente giustificabile che a pagare le bonifiche siano, in definitiva, i cittadini e le cittadine attraverso soldi pubblici.
Da anni ripetiamo, infine, che il contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata nella nostra Regione è una priorità assoluta, a partire proprio da alcuni settori più a rischio come quello della gestione dei rifiuti, ma anche degli appalti nel settore dell’edilizia. Questa inchiesta ne è una ulteriore e gravissima conferma, che imporrebbe scelte di segno opposto rispetto a quelle che si stanno prendendo. Infatti ad ogni livello si sta procedendo ad allentare vincoli e controlli, aumentando le deroghe e la deregolamentazione a favore degli interessi delle aziende e dei profitti privati, e facilitando così l’economia illegale e la penetrazione delle mafie.
Ciccio Auletta – consigliere comunale Pisa Diritti in comune: Una città in comune – Unione Popolare