La città di domani è un grande edificio in vendita, che non contempla la cultura: entro il 31 ottobre un bando per le Officine Garibaldi

Il 10 ottobre scorso il Consiglio Provinciale di Pisa ha decretato la messa a bando entro il 31 ottobre del nuovo edificio chiamato Officine di Porta Garibaldi, collaudato circa un anno fa e da allora in stato d’abbandono. Una domanda sorge subito spontanea: ma le Province non erano sparite? Ancora no, e sono il modello per il futuro Senato della Repubblica, come immaginato dal governo Renzi se dovesse malauguratamente passare la riforma costituzionale. I suoi membri si eleggono tra loro a nostra insaputa o quasi (per la cronaca il presidente è il sindaco Marco Filippeschi, la maggioranza è di “centro-sinistra” (Pd-Sel) e i consiglieri sono Francesca Brogi, Sandro Ceccarelli, Arianna Cecchini, Lucia Ciampi, Giulia Deidda, Luca Fracassi, Vittorio Gabbanini, Massimiliano Ghimenti, Carlo Giannoni, Simone Millozzi e Gabriele Toti) e tra di loro si riuniscono per decidere della nostra vita: chiudono le biblioteche, mettono all’asta degli immobili appena finiti di costruire con i nostri soldi.

Sì, perché la nuova struttura chiamata Officine Porta Garibaldi, che avrebbe dovuto accogliere tra l’altro la Biblioteca provinciale di Pisa, è costata circa 8 milioni di euro, di cui € 3.800.000 provenienti dalla Provincia di Pisa, il resto dalla Regione Toscana (€ 3.310.825,80 Fondi del Programma Operativo Regionale – Crescita e Occupazione destinati alla “costruzione, recupero e riqualificazione di strutture per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale” e € 640.000 du Fondi del Programma Operativo Regionale – Fondo Aree Sottoutilizzate per la “realizzazione di un punto di Informazione Turistica”). Da contratto, l’opera dovrebbe entrare in uso entro il 31 dicembre prossimo per quanto riguarda le funzionalità turistiche ed entro marzo 2019 per quelle sociali, altrimenti vanno persi i finanziamenti regionali. Un anno fa tutto era pronto – il collaudo andato a buon fine e si attendeva solo il taglio del nastro – quando la Legge Del Rio (56/2014) di riforma delle province ha stabilito che la cultura non è più funzione prioritaria e quindi tutti i beni e servizi culturali di competenza provinciale devono passare in carico ad altri Enti, non meglio identificati.

Il presidente della Provincia, in qualità di sindaco, avrebbe potuto decidere di sostenere le spese per un servizio così importante per i suoi cittadini, invece ha subito cercato un compratore, quasi si trattasse della locale squadra di calcio, e fino alla scorsa estate i giornali hanno riferito di trattative con l’ateneo pisano, affinché acquistasse lo stabile mantenendovi per cinque anni uno sportello della Biblioteca provinciale. L’Università non ha accettato, così eccoci alla messa all’asta di un edificio di 5.000 mq progettato dall’architetto Salvatore Re e costato (a noi tutti) parecchi milioni di euro.

“Qui troveranno spazio attività in cui la Provincia ha creduto molto in questi anni: la cultura, l’accoglienza e l’integrazione e il turismo. Siamo soddisfatti quindi perché abbiamo iniziato a costruire la città di domani”. Suona tristemente ridicolo il comunicato con cui l’amministrazione provinciale, appena tre anni fa, celebrava “l’intervento di riqualificazione sia architettonica che funzionale di un fabbricato esistente, con caratteristiche architettoniche di pregio, soluzioni strutturali innovative, ricorso a sistemi di sostenibilità energetica, nell’ottica di realizzare un fabbricato pubblico aperto a tutti”. Chissà se rimarrà aperto a tutti, per ora quello stabile è vuoto e abbandonato, perché il nostro sindaco-presidente della provincia ha preferito far cassa anziché mantenere in vita una ricca e preziosa biblioteca pubblica, nata nel 1972 e sviluppatasi negli anni successivi, in un quartiere che non offre altri servizi sociali né culturali.

La Biblioteca provinciale di Pisa, così come la Biblioteca Franco Serantini – da troppo tempo senza casa – devono continuare a vivere e per farlo hanno bisogno di una sede e di fondi, perché “fruire, indipendentemente dal luogo di residenza, di un servizio di informazione e documentazione efficiente” è un diritto primario di tutti (Manifesto Unesco sulla biblioteca pubblica, 1994). Solo così si costruiscono le basi per l’esercizio pieno e consapevole dei diritti di cittadinanza.

Una città in comune, Partito della Rifondazione Comunista

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