martedì 26 giugno 2018 |
Testata: ITALIA OGGI |
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Il M5s vince a Imola, la città dell ex ministro Poletti
DI CARLO VALENTINI
La linea Maginot è stata violata, non ci sono più fortini sicuri. La cintura regionale formata da Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche che permise un tempo al Pci di essere il più grande partito comunista dell’Occidente e poi salvò a volte in extremis le successive sigle non esiste più. Il centrosinistra è costretto ad alzare bandiera bianca di fronte a un’alleanza gialloverde che si è cementata nei ballottaggi. Forse più che il traino dell’azione di governo è l’alleanza che si è realizzata al centro che ha consentito di stringere più o meno apertamente gli accordi a livello locale, col centrodestra che si è riversato senza problemi sui candidati pentastellati e il contrario.
Caso emblematico è quello di Imola, 70 mila abitanti, nel cuore di quella che ormai si può definire la fu Emilia rossa. Qui la sinistra era al governo locale ininterrottamente da 73 anni, con percentuali bulgare (70%). Non solo. Imola è pure la capitale della cooperazione rossa: sono in attività 65 cooperative, tra cui alcuni colossi come Coop Ceramica, Sacmi, Cefla. Non a caso qui è nato Giuliano Poletti, a lungo a capo di Legacoop nazionale, poi promosso a ministro del Lavoro nei governi Renzi e Gentiloni. Insomma, una cittadella inespugnabile. Tanto che con nonchalance il sindaco Daniele Manca aveva abbandonato la fascia tricolore per catapultarsi in parlamento il 4 marzo, sicuro che sarebbe stata un’operazione elettoralmente non dolorosa. Invece già al primo turno era scoppiata un’ inaspettata avvisaglia, con la candidata piddina Carmen Cappello ferma al 41,9% seguita dalla 5stelle Manuela Sangiorgi al 29,2%. Al ballottaggio è arrivato il ribaltone, complice l’astensionismo (quasi il 48% di non votanti) e il 23,09 % che il centrodestra aveva ottenuto al primo turno e che si è aggiunto al voto grillino. Così la Sangiorgi sarà (col 55,4 %) il primo sindaco non di sinistra di Imola e si può ben dire che la terra della cooperazione e pure a forte insediamento Cgil ha voltato le spalle al Pd. Il fatto è che il prossimo anno vi saranno le elezioni regionali e col risultato delle recenti politiche più quanto è successo a Imola, l’EmiliaRomagna diventa contendibile e già Massimo Bugani, leader dei grillini emiliani e nel cerchio magico stellato di Davide Casaleggio, nel festeggiare la vittoria imolese dà la carica: «E adesso la Regione». Commenta, sconsolata, Carmen Cappello: «Si sono saldati i voti della Lega con quelli dei 5stelle e per 3 mila voti (su 28.500, ndr) hanno vinto».
Scendendo alla Toscana si entra in un’altra prateria rossa che si sta scolorando. Tre i capoluoghi in cui si è votato: Massa, Pisa e Siena. Tutti e tre persi dal centrosinistra, che al primo turno era in testa a Massa e Siena mentre aveva pareggiato a Pisa. Sono stati i grillini a fare da portatori d’acqua, cioè di voti, al centrodestra e a ribaltare il risultato. Così a Massa la vittoria è arrivata con un distacco di 13 punti, esattamente quelli che si ottengono sommando al primo turno il centrodestra ai grillini e a un raggruppamento civico. Mentre appena 378 voti (su quasi 24 mila) hanno dato il successo al centrodestra a Siena, più netto il distacco inflitto al Pd a Pisa: 4,6 punti di differenza.
Dice Francesco Persiani, neo sindaco di Massa: «Matteo Salvini è venuto a concludere la campagna elettorale e ha parlato in modo molto diretto invitando ciascuno di noi a fare la propria parte, nel rispetto delle istituzioni e dell’Italia, a partire dalle nostre città. Accoglieremo il suo invito con decisione ed entusiasmo». Aggiunge Luigi De Mossi, appena eletto primo cittadino di Siena: «Dopo 74 anni di malgoverno abbiamo voltato pagina. Adesso mi concentrerò subito sul Palio poi struttureremo il nostro programma. Posso solo dire che sarò il sindaco di tutti i cittadini, starò tra la gente e non chiuso nelle stanze del palazzo». Infine il leghista della prima ora Michele Conti, che indosserà la fascia tricolore a Pisa: «Matteo Salvini rappresenta l’uomo chiave della politica di oggi e ci ha dato una grossa mano, ma è la vittoria di tante persone che in questi anni hanno sfidato il granitico Partito democratico. Il vento è cambiato, noi siamo la discontinuità. Renderemo sicura e gradevole questa città».
In Umbria, a Terni, addirittura il Pd si è ritrovato escluso dal ballottaggio, fermo al 15% e superato non solo dal centrodestra ma anche dai grillini. Un disastro. Coi piddini che domenica sono stati semplici spettatori della gara tra i due alleati di governo che si è risolta con un plebiscito per il leghista Leonardo Latini, che ha staccato nettamente
il 5stelle Thomas De Luca: 63,4% contro 36,6%. L’exploit dell’astensionismo tra il primo e il secondo turno (dal 59,4% dei votanti al 47.4%) si deve in parte agli elettori piddini che sono rimasti a casa. Il risultato comunque dimostra che quando vi è un confronto diretto tra Lega e M5s la prima (per lo più) asfalta il secondo. Dice Latini: «Il momento più toccante è stato scorgere la piazza stracolma per l’arrivo di Salvini, ho sperato di non fare figuracce».
Infine le Marche, dove si registra l’unico successo nella difesa della linea Maginot piddina. Il merito va a una donna, al sindaco ricandidato di Ancona, Valeria Mancinelli, che dalla sua trincea è riuscita a respingere gli attacchi avversari. Già al primo turno aveva ottenuto il 48% e al ballottaggio nulla ha potuto l’alleanza gialloverde. Lei regala al Pd un premio di consolazione tra tanti insuccessi nelle quattro regioni storiche. «Ho preso il 62,8%. Il Pd vince perché qui la politica non ha pensato a se stessa ma si è preoccupata dei problemi della città, insomma una politica che fa il suo mestiere», afferma.
A parte Ancona è più che un campanello d’allarme per un Pd che non riesce a trovare un nuovo assetto di vertice, privo di leadership, alla deriva anche nelle periferie che un tempo dominava. Non sono bastati i tour elettorali di Maurizio Martina e Paolo Gentiloni. E mancata una proposta politica nazional-locale in grado di fare breccia sulle insicurezze e sulle irrequietezze di questi tempi, e qualcuno in grado di interpretarla.