La mobilità è un diritto: no agli aumenti dei biglietti dell’autobus

Dal 1° luglio sono aumentati i biglietti dell’autobus con un’unica tariffa per tutta la Toscana. Si tratta dell’ennesimo intollerabile ostacolo al diritto alla mobilità di migliaia e migliaia di cittadine e cittadini che utilizzano il servizio pubblico e che spesso sono proprio quelli più colpiti dalla crisi.

Per la corsa semplice l’incremento del biglietto è del 25% ma, ad essere maggiormente penalizzati, sono soprattutto coloro che usano il bus abitualmente. Infatti l’aumento per un abbonamento mensile “ordinario” è del 44% (da € 24,20 a € 35,00), per gli studenti medi è del 64% (da € 21,30 a € 35,00), per gli studenti universitari è addirittura del 180% (da € 12,50 a €35,00). Se è vero che gli aumenti sono minori per i nuclei familiari al di sotto di una certa soglia ISEE, questa è talmente bassa da escludere dalle agevolazioni fette intere di popolazione a partire ad esempio dalle famiglie di 3 persone con due stipendi da operai o impiegatizi. Non sono da meno gli aumenti imposti per i biglietti che si faranno a bordo: difficoltà ad individuare rivendite autorizzate ed esposizione degli autisti ad “accese discussioni” con i viaggiatori sono solo due delle motivazioni che rendono anche rende anche questa tipologia di rincaro insopportabile.

Cosi con questo nuovo balzello siamo al colmo: a fronte di un servizio che in questi anni si è ridotto, penalizzando e riducendo soprattutto il numero di corse sulle tratte deboli, si aumentano i costi a carico dell’utenza con il rischio per di più di produrre una diminuzione del numero di passeggeri.

Come al solito dietro parole come semplificazione e razionalizzazione si nascondono invece politiche di privatizzazione, che in questi anni hanno portato solo peggioramenti per lavoratori ed utenti. La promessa poi di rinnovo del parco macchine, come a testimoniare un miglioramento del servizio in prospettiva, è semplicemente ridicola a fronte di aumenti delle tariffe così cospicui.

Per noi, il trasporto pubblico locale è un diritto primario delle persone e in quanto tale è responsabilità dei soggetti pubblici assumersene la garanzia. La logica delle privatizzazioni lede questo diritto, scaricando sui cittadini e sui lavoratori i costi della remunerazione dei capitali privati, costi ulteriormente aggravati dalle esigenze di competitività imposte dal regime di libero mercato.

In questi anni abbiamo assistito solo a politiche di taglio da parte dei governi nazionali a questo settore strategico e gli enti locali, dalle Regioni ai Comuni, sono stati costretti a recuperare proprie risorse spesso a scapito di altri capitoli di spesa legati al welfare. Il tutto mentre si investono milioni e milioni di euro su grandi opere inutili e devastanti per l’ambiente, opere che mettono spesso al centro l’automobile, come ad esempio la tangenziale Nord-est.

Per quanto ci riguarda ribadiamo ancora una volta come sia indispensabile garantire la mobilità delle persone e delle merci con un grande piano di investimento sul servizio pubblico locale. Collegare le periferie al centro, le città ai territori, garantire a tutti e tutte parità di accesso alla mobilità, liberare gli spazi pubblici dall’assedio delle lamiere delle auto e tutelare la salute dei cittadini devono essere gli unici obiettivi del piano. I soldi ci sono: è sufficiente fare riferimento a quanto l’Italia investe per le spese militari o al tasso di evasione ed elusione fiscale.

Basta gravare sui cittadini più bisognosi con aumenti delle tariffe a fronte di un peggioramento del servizio e della qualità del lavoro.

Una città in comune

Partito della Rifondazione Comunista

Possibile

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