“Firenze è la città italiana che più ha svenduto la sua anima per assecondare i capricci dei turisti, a partire dai più facoltosi. Ma i tempi in cui Firenze era semplicemente in vendita sono ormai passati. Con Covid-19 è arrivato il momento dei saldi“. Così Giuliano Marrucci presentava la puntata di Report dello scorso 8 maggio dedicata alla svendita del patrimonio storico-culturale del capoluogo della Toscana e più in generale nel nostro paese. Nel corso di quella puntata, lo storico dell’arte Tomaso Montanari ha pronunciato queste parole: “Firenze è una città in svendita. È una città all’incanto, è una città che se la piglia chi offre di più, e gli amministratori di Firenze sono al servizio di questi capitali stranieri”. Tanto è bastato perché il sindaco e la giunta fiorentina lo querelassero chiedendo danni in sede civile per un totale di 165 mila euro.
Ebbene, Montanari ha osato dire quanto noi andiamo ripetendo da tempo anche per la nostra città, certo meno attrattiva del capoluogo di regione ma nella quale si presentano le stesse dinamiche perverse. Consigliamo perciò di vedere quei 14 minuti di servizio giornalistico: non si parla solo della svendita ad alcune multinazionali di importanti edifici storici fiorentini – tra cui il Teatro Comunale, la Torre dei Marsili, il Convento di san Paolino e l’ex Caserma Vittorio Veneto in Costa San Giorgio – ma anche della Villa medicea di Cafaggiolo nel Mugello o del Castello di Santa Maria Novella a Certaldo. Beni immobili unici al mondo, tutelati dalla Soprintendenza, che trovano un mercato sempre più florido per trasformarsi in alberghi, centri benessere, appartamenti, sedi di finanziarie e holding. Il discorso avrebbe potuto allargarsi, ad esempio, all’ex Ospedale dei Trovatelli a Pisa, 5.800 mq con aree esterne di circa 1.300 mq, con vista sulla Piazza del Duomo e su via Santa Maria, con annessa Chiesa di San Giorgio dei Tedeschi ed opere d’arte al suo interno: il complesso è stato svenduto dall’azienda ospedaliera pisana, in tempi pre Covid, per 8 milioni di euro alla Sagabri srl, società composta in quota parte dalla Savimag srl, società del gruppo Madonna, e dalla Gabriela G.R. Comprato a meno di un terzo della prima valutazione, assai sottostimata, l’edificio tre-quattrocentesco si trasformerà forse in albergo oppure in appartamenti di lusso: sembra impossibile, ma al momento della vendita mancava un progetto di destinazione. Tutto questo nel silenzio generale di una città che a parole è molto attenta alla propria identità ed alla storia locale.
Come purtroppo accade in gran parte del Belpaese, anche Pisa “se la piglia chi offre di più”, e gli amministratori sono alla mercé di capitali che sempre più spesso sono stranieri. Gli immobiliaristi decidono le sorti delle città, mentre il Comune prova a svendere il patrimonio culturale al migliore offerente: a loro importano il mattone e i profitti, della storia e persino della destinazione d’uso a loro non interessa niente. Ma cosa diventeranno le nostre città, anche grazie a queste operazioni?
E adesso il sindaco Nardella quereli pure noi, che andremo così a fare volentieri compagnia a Tomaso Montanari, colpevole solo di aver parlato chiaro sulla deriva speculativa delle grandi amministrazioni comunali toscane.
Una città in comune