Le pietre e il popolo: sugli “investimenti culturali” del Comune di Pisa

Finalmente una buona notizia per il nostro patrimonio storico-artistico: cominciano i lavori di consolidamento della chiesa di San Paolo a Ripa d’Arno, finanziati dalla CEI (600.000 euro), dalla Fondazione Pisa (500.000 euro), nonché da un crowdfunding popolare organizzato dall’Unicoop. La chiesa è di proprietà della curia – che, con l’aiuto della Fondazione Pisa, aveva già sostenuto le indagini diagnostiche sulla muratura –, ma nei cinque anni in cui San Paolo è stata chiusa e puntellata l’amministrazione non ha mosso un dito: non ha cercato di sensibilizzare il MiBACT né di riunire a un tavolo eventuali sponsor, si è comportata cioè come se quel monumento simbolo del romanico pisano si trovasse fuori dal suo territorio.

Dimenticandosi di quanto avvenuto in questi ultimi anni, il sindaco è intervenuto alla conferenza stampa di presentazione del cantiere di restauro di San Paolo. Ha assicurato che il Comune non chiederà alla diocesi la tassa di occupazione di suolo pubblico, il che non sembra un gran regalo, visto che a costruttori e palazzinari viene regolarmente condonata. Poi è partito con la solita auto-celebrazione, non senza una stoccata alle voci critiche: “In questi anni abbiamo fatto uno sforzo importante per recuperare e valorizzare i nostri beni culturali e per estenderne il patrimonio fruibile ben oltre la Torre. Lo abbiamo fatto investendo una cifra di 40 milioni di euro, e qualche pseudo-intellettuale ha osato parlare di degrado”. Lo pseudo-intellettuale in questione è probabilmente lo studioso di fama internazionale, Tomaso Montanari – insignito un anno fa dallo stesso Comune del premio culturale Il Ponte – il quale il 17 luglio 2014, presentando il Libro bianco dei beni culturali pisani alla festa Riva Mancina, puntò il dito sull’abbandono da parte delle istituzioni di quelle meravigliose pietre che appartengono a tutti noi.

Visto l’attacco alla persona è opportuno tornare alla politica e dare un’occhiata allo stato dei beni culturali cittadini:

Museo delle Navi romane: “un fiume carsico” da quasi vent’anni – lo ha definito qualche settimana fa Cosimo Bracci Torsi, Presidente di Palazzo Blu – oltre 15 milioni di euro di cui niente di concreto è dato sapere.

Degli Arsenali repubblicani, ruderi trasformati in una struttura coperta inaugurata qualche mese fa dal Presidente Mattarella, si conosce ancora meno: tre anni di lavori al costo di € 5 milioni per un nuovo spazio espositivo che dovrebbe essere di supporto al Museo delle Navi, ma poiché quest’ultimo ancora non c’è, si pensa di indire un concorso di idee per decidere come utilizzarlo. Nel frattempo gli Arsenali repubblicani si possono affittare per cene di gala.

Il “restauro” del fortilizio e della Torre Guelfa, ovvero la realizzazione di un corpo scala con ascensore nonché opere di consolidamento strutturale, è costato € 1.100.000. Sempre in attesa del mitico Museo delle Navi, anche qui verrà lanciato un concorso di idee. Si tratta di un investimento culturale o semplicemente di una spesa, l’ennesimo appalto per ditte di costruzioni?

Immancabile nei discorsi del sindaco il “restauro” delle mura medeivali: € 5.826.000 per trasformarle in un camminamento turistico, cui si aggiungono € 3.000.000 “per la valorizzazione della promenade architecturale e delle aree limitrofe”. Qualsiasi cosa significhi sono € 9 milioni per un’apertura straordinaria nel 2013, in piena campagna elettorale, e niente più. Senza manutenzione, le mura avrebbero già bisogno di un nuovo intervento: a tratti sono invase da rampicanti, a tratti caratterizzate da strisce verticali per via della ringhiera di protezione che, non solo snatura il monumento, ma provoca con la pioggia un dilavamento della pietra sottostante la parte non merlata. In attesa di un bando per la loro gestione (o dell’affidamento a volontari?) anche le mura rimangono chiuse.

Non si parli delle ex-Stallette, circa 2 milioni di euro il costo di un recupero non ancora terminato, che un anno fa vide intervenire la Soprintendenza perché si demolì parzialmente una volta in foglio per creare la struttura portante dell’ascensore in calcestruzzo di cemento armato, secondo “procedure e metodologie di finitura estranee ai principi basilari del restauro conservativo”.

Terminate ma chiuse sono le Officine Porta Garibaldi, che avrebbero dovuto accogliere la Biblioteca provinciale, il front-desk della Biblioteca Serantini, le biblioteche della Casa della Donna e del Centro Nord-Sud. Quello che doveva essere il secondo polo della grande biblioteca civica, in un quartiere senza servizi come Cisanello, rischia di rimanere l’ennesima architettura vuota. Costruita proprio a ridosso delle mura, alla modica cifra di € 8 milioni, anche questa struttura è in attesa di una destinazione o di un acquirente, mentre le biblioteche sono senza sede.

La Biblioteca comunale SMS, inaugurata nel 2013 e fiore all’occhiello dell’amministrazione, non sta affatto meglio e manca di spazi per le nuove acquisizioni, manca di personale e di qualsiasi manutenzione. L’edificio doveva costituire un polo culturale con il Centro Espositivo SMS, costato € 4.670.000 e inaugurato nel 2009: avrebbe dovuto essere un “nuovo, prestigioso, contributo a servizio non solo di una città che si rinnova ma anche di una regione che punta al futuro”, una “bottega della contemporaneità”, ma l’edificio non è mai stato portato a termine, non ha mai funzionato a pieno ritmo con una programmazione di mostre e iniziative culturali ed oggi è un magazzino o poco più, forse degli stessi libri della Biblioteca provinciale.

Per questi “luoghi della cultura” l’investimento economico è stato certamente significativo, ma se il risultato è l’abbandono o lo scarso utilizzo forse erano i progetti ad essere sbagliati.

Una città in comune

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