martedì 12 giugno 2018 |
Testata: NAZIONE PISA |
Pagina: 4 |
Le ipotesi sulla fornlazione del consiglio comunale
di GABRIELE MASIERO
LA PARTITA è aperta. E si risolverà probabilmente sul filo di lana. Il ballottaggio, dicono gli addetti ai lavori dei due schieramenti, «è una nuova campagna elettorale e il risultato non è scontato». Pretattica, certo. E scaramanzia. Intanto, però, con i voti a disposizione è possibile provare a capire come sarà composto il nuovo consiglio comunale, quello sì di fatto già eletto, anche se per conoscere definitivamente i nuovi membri dell’assemblea elettiva cittadina occorrerà comunque attendere l’esito del ballottaggio e il nome del successore del sindaco Marco Filippeschi. La legge, infatti, assegna un cospicuo premio di maggioranza (capace di assicurare la governabilità) alla compagine vincitrice e ciò determina una ripartizione dei seggi che muta in modo sostanziale se a vincere sarà il centrosinistra oppure il centrodestra. Se il Pd e i suoi alleati manterranno il governo di Pisa senza apparentamenti, i dem otterranno 16 seggi (più quello del sindaco Andrea Serfogli), mentre alla lista del vicesindaco Ghezzi ne andranno due (in pole ci sono lo stesso vicesindaco e Giuseppe Ventura e Francesca Muratorio se Ghezzi fosse confermato in Giunta) e ai riformisti uno (conquistato da Federico Eligi che se dovesse entrare in giunta lascerebbe il posto a Di Stefano).
I SEGGI di minoranza andranno invece a Una città in Comune (Auletta), Cinque stelle (Tolaini e favilla più il candidato sindaco Gabriele Amore), sei seggi andranno invece alla Lega (uno spetta al candidato sindaco Conti, ma resterebbero fuori dal consiglio gli alleati Nap-Fdi e Fi), uno a Raffaele Latrofa e uno a Veronese. In caso di vittoria del centrodestra senza apparentamenti, invece, la Lega otterrebbe 15 seggi più quello del sindaco Michele Conti, Nap-Fdi tre (Bedini, Gambini e Nerini) e Forza Italia 2 (Riccardo Buscemi e Virginia Mancini). In minoranza invece per il centrosinistra ci sarebbe solo il Pd con sei seggi e resterebbero invariati gli altri. Il quadro cambia in caso di apparentamenti e modifiche delle coalizioni perché in quel caso il premio di maggioranza del 60% sarebbe ripartito anche con le forze politiche apparentate che abbiano ottenuto al primo turno almeno il 3% dei voti. E’ chiaro dunque, solo per fare un esempio, che la scelta di costruire coalizioni civiche come hanno fatto Maria Chiara Zippel e Antonio Veronese potrebbe penalizzare le singole forze politiche interessate.