Lo smarrimento completo dei Democratici

lunedì
25 giugno 2018
Testata:
TIRRENO PISA
Pagina:
1-11

Tante volte in questi ultimi anni e mesi si è parlato di “disfatta” della sinistra. Ora, però, il quadro è davvero completo. Con Pisa il Partito democratico ha forse toccato il fondo. Alla città della Torre si guardava anche da Roma e dalle stanze centrali di un partito che ha smarrito completamente la sua identità e, di conseguenza, ha disorientato il suo elettorato, causandone la dispersione in più di un rivolo. Pisa non è altro che un ulteriore specchio della tendenza nazionale.

Tante volte in questi ultimi anni e mesi si è parlato di “disfatta” della sinistra. Ora, però, il quadro è davvero completo. Con Pisa il Pd ha forse toccato il fondo. Alla città della Torre si guardava anche da Roma e dalle stanze centrali di un partito che ha smarrito completamente la sua identità e, di conseguenza, ha disorientato il suo elettorato, causandone la dispersione in più di un rivolo. Pisa non è altro che un ulteriore specchio della tendenza nazionale e, nonostante siano passati solamente due anni dalla vittoria della “tigre” Ceccardi nella vicina Cascina, la lezione è stata subito dimenticata. E sono stati ripetuti esattamente gli stessi errori, forse qualcuno di più.

L’ondata leghista, quindi, si è ingrossata fino a diventare uno tsunami di proporzioni gigantesche. La storia porta ora la firma di Michele Conti, 48 anni, funzionario del Consorzio Agrario, nuovo sindaco della città, trainato sin dall’inizio in modo perfetto, con una regia assolutamente priva di sbavature, dalla premiata ditta “Ceccardi & Ziello”, che in pochi mesi ha trascinato Pisa in provincia di Cascina. La “cascinizzazione” della città della Torre è ora un’opera compiuta, dopo aver parlato alla pancia. Perché è quest’ultima che ha deciso, che ha rigurgitato e che ha voluto diritto di parola. L’ha presa da chi gliel’ha concessa. Da chi ha puntato tutto sulla sicurezza e sulle insicurezze della città, da chi ha stigmatizzato i limiti del sistema d’accoglienza dei migranti, da chi ha deciso di dire basta, da coloro che hanno votato contro. Senza nulla togliere alla faccia pulita da bravo ragazzo di Conti, il trionfo del centrodestra è da leggersi soprattutto come un voto contro. A cui con ogni probabilità si sono uniti molti grillini del primo turno. Un consenso-non consenso, contro le continue e sempre maggiori divisioni a sinistra, contro gli innumerevoli dissidi interni allo stesso Pd, contro certe timidezze del governo Filippeschi nell’affrontare determinate tematiche, tra cui proprio quella della criminalità crescente. Da sinistra si è parlato troppo di percezione dell’insicurezza, quasi che in difetto si dovessero considerare gli stessi cittadini che chiedevano più controlli, mentre da destra si urlava mettendo in evidenza una reale insicurezza del contesto cittadino.

L’ultraleghismo che si stava affacciando sui lungarni dopo aver conquistato Cascina è stato fin troppo sottovalutato. Che Conti e i suoi avevano annusato l’aria di vittoria lo si è capito bene nelle due settimane che hanno diviso il primo turno dal ballottaggio: nessun apparentamento ufficiale, in modo da non perdere seggi in consiglio comunale regalandoli ai vari Latrofa (Pisa nel cuore) e Amore (Cinque Stelle). L’obiettivo era quello di far entrare dalla porta principale di Palazzo Gambacorti un quasi monocolore. Un’immensa tovaglia di colore verde con cui saranno apparecchiati i prossimi cinque anni di amministrazione, con Forza Italia e Fratelli d’Italia a recitare il ruolo di invitati non troppo benvoluti.

E con il Pd e il centrosinistra, per la prima volta, a sbavare e a rodersi il fegato dai buchi della serratura nel guardare gli altri festeggiare e brindare. Compreso Andrea Serfogli, il più sconfitto di tutti. Perché prima ancora che da Conti era stato battuto nel peggiore dei modi, era stato “abbattuto” dal fuoco amico interno al Pd. Le hanno provate di tutte per impedirgli di candidarsi e, alla fine, lo hanno mandato avanti solo perché in mancanza di valide e condivise alternative, ma senza una locomotrice che tirasse. L’unità che ha voluto sbandierare il Pd negli ultimi giorni, facendo fare passerella a Pisa anche a dei big nazionali come Veltroni e Gentiloni, è stata solo fumo negli occhi. Era già troppo tardi. L’acqua della tracimazione leghista aveva già travolto le stanze di via Fratti.

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