TIRRENO PISA Pagina: II
Maggioranza in crisi duello decisivo tra le anime del Pd
I posti liberi in giunta saranno molto probabilmente non uno, ma due. Non è detto però, anzi, che un rimpasto più corposo possa bastare. Le dimissioni di Dario Danti da assessore, con tutto quello che ne è conseguito, hanno alzato il coperchio su un pentolone Pd, a Palazzo Gambacorti, già parecchio in ebollizione. Lo scontro nazionale tra Sei e dem sta trovando in Toscana il suo esempio più lampante. Francesco Nocchi e Andrea Ferrante, rispettivamente segretario provinciale e comunale del Partito democratico, hanno dovuto ammettere che senza una stabilità accertata in consiglio comunale il rischio di (ri)andare al voto è concreto. Un’ipotesi verso la quale sarebbe pronto a svoltare anche lo stesso Marco Filippeschi. Ma il confine tra esigenza e tattica è sottile.
Aggancio con Cerri. Il sindaco ha contattato direttamente l’ex assessore Fabrizio Cerri, al quale sarebbe proposto un rientro in giunta oppure la guida di una delle partecipate più importanti, ovvero Pisamo. Filippeschi però ha capito subito che non è questa la strada per uscire dal caos. L’aggancio di Cerri, in una visione semplice della crisi politica pisana, sarebbe servito a tenere buoni quei consiglieri Pd che nei mesi hanno manifestato più di una posizione critica nei confronti dell’operato della giunta, con Sandro Gallo e Lisa Cioncolini in primo piano.
I renziani. La questione però è più complessa perché il nome di Cerri rimanda direttamente al gruppo più strettamente renziano che c’è in Comune: in prima fila gli assessori Salvatore Sanzo e Sandra Capuzzi, con proiezione nella segreteria democratica in regione, ovvero gli ex consiglieri comunali Antonio Mazzeo e Carmine Zappacosta, che oggi occupano posizioni di primo piano al fianco del segretario Panini, uomo di assoluta fiducia di Renzi. E anche in questo gruppo ci sono differenze: non vengono compresi, soprattutto, i nomi né del deputato Federico Gelli né dell’assessore Andrea Serfogli.
La vecchia guardia. E qui si arriva al vero braccio di ferro in atto, quello tra la vecchia guardia pisana, e non solo pisana, dove spicca il deputato Paolo Fontanelli. Dall’altra i renziani che avanzano sul “modello premier” e che al sindaco Filippeschi chiedono segnali di discontinuità forti rispetto al passato. Per questo, sul tavolo del confronto, non c’è solo un posto in più o meno in giunta. In ballo gli assetti del partito: quello che succede, e succederà a Palazzo Gambacorti, ipotesi di voto anticipato compresa, sono una conseguenza. E sullo sfondo le regionali.
Il rimpasto. Mentre lunedì Stefano Landucci deciderà cosa fare (l’uscita dalla maggioran za è sempre più probabile, quella dal Pd non è invece autounatica), con il fondato rischio che il centrosinistra perda un altro elemento, le soluzioni per un rimpasto si rincorrono. Cosa si muove? Anzitutto il fatto che anche David Gay potrebbe lasciare la giunta, accettando la proposta di andare a fare il dirigente in un altro Comune. Se il mosaico fosse semplice da ricomporre, Alessandra Mazziotti prenderebbe il posto di Danti e Gallo eventualmente quello di Gay. Deleghe: cultura (più turismo) a Salvatore Sanzo, ambiente a Paolo Ghezzi. Ma non è così semplice. Intanto le varie componenti della città s’interrogano. «La nostra economia non si può permettere una crisi al buio», è netto il giudizio di Andrea Zavanella, presidente Cna Pisa. «Non siamo qui a dare pagelle – aggiunge il direttore Cna, Rolando Pampaloni – ma vogliamo richiamare tutti ad un più forte senso di responsabilità».