Si torna a parlare in questi giorni dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), cioè delle strutture pensate per trattenere gli immigrati irregolari in attesa di espulsione: il Prefetto di Firenze Valerio Valenti ha proposto di istituire un CPR in Toscana, e l’idea è stata accolta sia dal Presidente Giani sia dai Sindaci di alcune importanti città. Nel dibattito politico che ne è seguito, però, si sono dette cose false e fuorvianti: vale la pena perciò chiarire alcuni punti per noi imprescindibili.
I cittadini devono sapere anzitutto che i CPR non servono per «contrastare la criminalità», come dice improvvidamente il Prefetto di Firenze. Nei «centri» finiscono infatti non gli immigrati che hanno commesso furti, rapine o aggressioni, ma coloro che semplicemente non hanno un permesso di soggiorno in tasca. Non è una differenza di poco conto, perché – come il Prefetto sarebbe tenuto a sapere – l’irregolarità non ha nulla a che fare con la criminalità: molti cittadini stranieri, ad esempio, diventano irregolari solo perché hanno perso il lavoro (la legge Bossi-Fini lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro), o perché sono arrivati in Italia con un visto turistico, che (sempre secondo la Bossi-Fini) non può essere trasformato in un permesso per insediamento stabile. Può essere irregolare la badante che si prende cura di un anziano, il manovale che vediamo in un cantiere edile o il bracciante agricolo che raccoglie l’uva nei distretti vinicoli del Chianti.
In secondo luogo, quel che il Prefetto non dice è che i CPR hanno costi altissimi – tutti a carico dei contribuenti – ma non riescono affatto a garantire i rimpatri. Secondo un recente rapporto della Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili, per mantenere queste strutture lo Stato spende 100 euro al giorno a persona, l’equivalente del costo necessario per ospitare un anziano in una RSA. A fronte di cifre così rilevanti, gli stranieri effettivamente rimpatriati sono circa la metà di quelli detenuti. In altre parole, si sprecano ingenti risorse pubbliche, si infliggono sofferenze a persone che non hanno commesso reati, e per di più non si riesce neppure ad allontanarle dall’Italia: al danno inflitto allo stato di diritto e alle garanzie costituzionali si aggiunge la beffa dell’inefficacia complessiva del sistema.
Infine, non possiamo non rilevare che nei CPR si violano sistematicamente i diritti umani più elementari delle persone trattenute. Non siamo noi a dirlo: lo attestano voci autorevoli e super partes, tra cui quella della «Autorità Garante delle persone private della libertà personale», organo di controllo istituito dal Decreto-legge n. 146 del 2013. Nel suo Rapporto del 2021, il Garante ha denunciato fatti gravissimi: detenzione di minorenni (che per legge non potrebbero finire nei CPR), bagni senza porte e totale assenza di privacy, docce o servizi igienici non funzionanti e maleodoranti, ozio totale per assenza di attività, assistenza sanitaria inadeguata o addirittura inesistente, casi (purtroppo molto frequenti) di suicidi e atti di autolesionismo. Questo quadro drammatico è stato confermato anche da un’indagine condotta dall’Università di Oxford, a cui ha tra l’altro collaborato una giovane ricercatrice toscana.
I Centri per il Rimpatrio non servono dunque a garantire sicurezza, e la costruzione di un CPR nella nostra regione non farà dormire sonni più tranquilli ai cittadini toscani. Sarà invece l’occasione per drenare fondi dello Stato, indirizzandoli ai soggetti privati che ovunque si arricchiscono con le gestione di queste strutture. Noi pensiamo che i soldi dei contribuenti vadano utilizzati non per finanziare «involucri vuoti» (come li definisce il Garante) e «buchi neri del diritto» (come li chiama la CILD), ma per sostenere le famiglie, i lavoratori e le lavoratrici e i segmenti più fragili della nostra società. Per quanto ci riguarda, ci opporremo con tutte le nostre forze al progetto di istituire un CPR nella nostra Regione.
Una Città in Comune – Pisa