Mario Draghi: “salvatore della patria” o garante di imprese, finanza e Unione Europea nella spartizione del Recovery Fund?

Ancora non sappiamo quali saranno le forze politiche che appoggeranno il “governo di unità nazionale” guidato da Mario Draghi – quasi tutto l’arco parlamentare a quanto pare, comprese Lega e Forza Italia – né quali saranno i ministri e le ministre che ne faranno parte. Lo vedremo nei prossimi giorni, ma certo non cambierà il significato profondo e le prospettive dell’operazione.
Il 𝐆𝐨𝐯𝐞𝐫𝐧𝐨 𝐃𝐫𝐚𝐠𝐡𝐢, nato grazie ad una manovra di palazzo di Matteo Renzi, ha l’appoggio entusiasta e a priori dei principali media italiani, di Confindustria e dell’estabilishment dell’Unione Europea. Rappresenta infatti un 𝐮𝐥𝐭𝐞𝐫𝐢𝐨𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐦𝐢𝐬𝐬𝐚𝐫𝐢𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚 mediante l’imposizione come premier di Mario Draghi, presentato come “salvatore dell’euro” e adesso della “patria”. In verità uno dei massimi sostenitori delle politiche economiche e sociali ultraliberiste dell’Unione Europea di questi anni: fu lui a firmare nel 2011 la lettera indirizzata all’Italia (un diktat della BCE) che chiedeva drastiche misure liberiste “lacrime e sangue”, applicate poi alla lettera dal Governo Monti dopo poco; e fu lo stesso Draghi (presidente della BCE) ad avere un ruolo centrale durante la crisi finanziaria della Grecia, cui furono imposte misure draconiane di macelleria sociale.

Il nuovo premier non va certo a sostituire un governo dalla parte dei ceti popolari, o indipendente dai “poteri forti” e dalle richieste provenienti da BCE e Commissione Europea, con cui è stato sempre in piena sintonia. Il 𝐆𝐨𝐯𝐞𝐫𝐧𝐨 𝐂𝐨𝐧𝐭𝐞 𝐛𝐢𝐬, sostenuto da 5 Stelle, PD, Renzi (Italia Viva) e LEU, ha mostrato tutta la sua inadeguatezza nella 𝐠𝐞𝐬𝐭𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐚𝐨𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐧𝐝𝐞𝐦𝐢𝐚, in perenne conflitto con le Regioni governate da centrodestra e centrosinistra. Durante la prima ondata della pandemia 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐠𝐫𝐚𝐝𝐨 𝐝𝐢 𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐬𝐚𝐥𝐮𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐜𝐢𝐭𝐭𝐚𝐝𝐢𝐧𝐢 𝐚𝐥 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐨 𝐩𝐨𝐬𝐭𝐨 rispetto alla salvaguardia dei profitti delle grandi imprese, tra spinte contrastanti provenienti da Regioni, lobby economiche e Confindustria che ha imposto di continuare a produrre anche nelle zone al centro del contagio, causando l’aumento del numero di morti.
Nonostante il disastro sanitario, economico e sociale legato alla gestione della pandemia, non è stato poi in grado di imporre una svolta nella 𝐒𝐚𝐧𝐢𝐭𝐚̀ – dove la privatizzazione va avanti e che continua ad essere gestita malamente e in maniera frammentata dalle regioni – nella 𝐒𝐜𝐮𝐨𝐥𝐚 – dove non sono stati fatti gli investimenti necessari per insegnare in presenza ed in sicurezza, né predisposte misure adeguate per la pandemia – e più in generale nelle 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐞𝐜𝐨𝐧𝐨𝐦𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐞 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢, affidate esclusivamente a bonus e “ristori” temporanei e a pioggia, senza intervenire strutturalmente sulle categorie più deboli e precarie. Mentre ha continuato a portare avanti 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐦𝐛𝐢𝐞𝐧𝐭𝐚𝐥𝐢 pessime o inadeguate (con le grandi opere e la mancata tutela dei territori) e il distruttivo progetto dell’𝐚𝐮𝐭𝐨𝐧𝐨𝐦𝐢𝐚 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐞𝐫𝐞𝐧𝐳𝐢𝐚𝐭𝐚.

Il 𝐆𝐨𝐯𝐞𝐫𝐧𝐨 𝐃𝐫𝐚𝐠𝐡𝐢 nasce per dare a grandi imprese, banche e Unione Europea, maggiori garanzie di quanto poteva dare il Governo Conte Bis, nella 𝐬𝐩𝐚𝐫𝐭𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐚𝐫𝐝𝐢 𝐝𝐢 𝐞𝐮𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐑𝐞𝐜𝐨𝐯𝐞𝐫𝐲 𝐅𝐮𝐧𝐝 (soldi presi a prestito) e nel gestire partite molto delicate, a partire dallo sblocco dei licenziamenti, più volte rimandato, ma ormai chiesto a gran voce da Confindustria. Al di là della retorica e della presenza di eventuali “tecnici” nell’esecutivo, sotto la guida “autorevole” di Mario Draghi, non sarà certo un governo tecnico o neutrale: sarà infatti chiamato a scegliere a chi destinare le risorse operando profonde ristrutturazioni, come gestire la questione sociale e sanitaria e a portare avanti le solite “riforme necessarie per modernizzare il paese”, basate sulla riduzione dello stato sociale e dei diritti di chi lavora. Con una ulteriore accentuazione, già evidente nei Governi precedenti, del 𝐩𝐨𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐆𝐨𝐯𝐞𝐫𝐧𝐨 𝐫𝐢𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐚𝐥 𝐏𝐚𝐫𝐥𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨, chiamato solo a ratificare le scelte dell’esecutivo.
Il tutto in un clima di “unità nazionale” dove le scelte fatte “per il bene del paese” saranno presentate come inevitabili e tecniche, da non mettere assolutamente in discussione da parte di cittadini, movimenti e sindacati, se non altro per senso di “responsabilità”.

Per affrontare la crisi pandemica dal punto di vista sanitario e le sue conseguenze pesantissime sul piano economico e sociale, ci vogliono – a livello nazionale e locale – nuove politiche sanitarie, economiche, sociali ed ambientali che 𝐦𝐞𝐭𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐢𝐧 𝐝𝐢𝐬𝐜𝐮𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐫𝐚𝐝𝐢𝐜𝐚𝐥𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐢𝐥 𝐦𝐨𝐝𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐝𝐢 𝐬𝐯𝐢𝐥𝐮𝐩𝐩𝐨 𝐚𝐭𝐭𝐮𝐚𝐥𝐞: politiche opposte a quelle finora seguite, che il Governo Draghi continuerà ad attuare con ancora maggiore forza.

Come lista di cittadinanza continueremo a portare avanti a livello locale il nostro punto di vista critico, così come continueremo ad opporci ai provvedimenti del Governo Draghi e di qualunque Governo (locale e nazionale) che abbiano contenuti anti-sociali, con pesanti ricadute nei territori, sostenendo anche le lotte che vi si opporranno.

Una città in comune

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