Il Tirreno, 10 maggio 2013, pagina III
Mísencordìa, un presidio contro í taglí
La rabbia dei lavoratori in assemblea contro i 40 licenziamenti, domenica si schiereranno davanti all’Arcivescovado
di Luca Lunedì
No ai licenziamenti. È questo l’urlo che si leva dalla sala durante l’incontro avvenuto mercoledì sera fra sindacati e lavoratori della Misericordia. È anche la sintesi alla quale giungono, dopo una lunga e combattuta riunione i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e Cobas e che porterà ad una serie di iniziative volte a mobilitare la cittadinanza. Il primo appuntamento è per domenica con un presidio davanti alla sede dell’Arcivescovado che comincerà alle 10.30 e durerà almeno per tutto il giorno.
Nell’arco di quindici giorni sarà poi indetta una giornata di sciopero e si cercheranno di coinvolgere le istituzioni nella trattativa per salvare i quaranta dipendenti a rischio di licenziamento. Il punto focale della serata è stato proprio il piano di tagli al personale proposto nei giorni scorsi dal governatore Luigi Marchetti che prevede una riduzione di due terzi dei dipendenti della Misericordia: andrebbero a casa in 40 su 65.
Clima teso fin dalle prime battute, lavoratori da una parte e rappresentati sindacali dall’ altra che sfilano in silenzio e prendono posto dietro la scrivania del grande auditorium. In platea volontari, soci, semplici cittadini e rappresentanti della politica cittadina (Ciccio Auletta candidato sindaco di Una città in comune e Giuseppe Strignano capolista del Movimento 5 Stelle). Proprio a presenza di questi ultimi, e della stampa, ha creato attimi di forte tensione fra i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil che premevano per svolgere la riunione a porte chiuse e i dipendenti, supportati dai Cobas, che invece volevano rendere pubblico il dibattito. Cominciatala riunione Michele Orsi della Cgil illustra la situazione finanziaria come emersa dall’incontro con il governatore di pochi giorni fa: «La Misericordia ha un buco di bilancio di 11 milioni di euro e un debito corrente che arriva ad un altro milione. Gli immobili sono in mano alle banche e l’attuale sede è stata messa sul mercato al prezzo di 6 milioni nonostante il terreno sul quale
sorge è oggetto di un contenzioso giudiziario. Noi ci sentiamo presi in giro, Marchetti si era impegnato a cercare una soluzione per evitare i licenziamenti e aveva tenuto questa linea fino a pochi giorni fa, poi improvvisamente ha ribaltato il discorso e ci ha presentato il piano di licenziamenti ».
Sulla stessa linea Moreno Giannessi di Uil e Cinzia Ferrante di Cisl che aggiunge: «Marchetti e Orvietani si devono prendere la responsabilità di questo atteggiamento da tagliatori di teste». Più tagliente Federico Giusti dei Cobas che accusa: «La dirigenza ha raggiunto il proprio obiettivo che era quello di avere un bilancio approvato con l’assenso dei sindacati per poi smantellare in tranquillità la Misericordia. Per questo noi non abbiamo accettato nemmeno la prima proposta di riduzione dei contratti di solidarietà al 50% e abbiamo fatto bene dato che loro stessi ci hanno confermato che se anche li avessimo accettati non sarebbe cambiato nulla. Sappiamo che hanno ricevuto cartelle esattoriali per 170.000 euro per contributi non versati e non ci hanno ancora fatto vedere il bilancio». Proprio sull’approvazione del bilancio ci sono molte perplessità, Sergio Bensi, uno dei sedici componenti la Magistratura, l’organo di controllo e amministrazione interno, accusa: «Hanno fatto votare meno di dieci volontari con tre deleghe a testa e non hanno consegnato nessun documento, hanno solo letto il bilancio a voce. Hanno smantellato tutti i servizi remunerativi e millantano un compratore per la nuova sede, tal professor Lombardo, che non abbiamo mai visto. La cosa assurda è che il vecchio direttore, Dino Dringoli, ha preso una buonuscita di 152.000 euro e per pagarla abbiamo dovuto accendere un mutuo. Intanto i volontari se ne vanno, sono rimasti solo una ventina». La replica dell’amministrazione arriva ieri in mattinata a mezzo di un comunicato nel quale si definisce «anomala la situazione della Misericordia di Pisa con 65 dipendenti il cui costo ha eroso il patrimonio dell’associazione fino a determinare la scelta inevitabile di risolvere un certo numero di contratti di lavoro».