domenica 6 maggio 2018 |
Testata: LA VERITÀ |
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– ISTRUZIONE IN CRISI
Sollecitati dai sindacati, gli uomini della Fedeli hanno smentito che i ragazzi delle superiori siano tenuti ad avere esperienze lavorative per poter accedere agli esami. Il criterio scatterà solo a partire dal 2019
di CARLO PIANO
Il ministero dell’Istruzione scherzava, l’alternanza scuola lavoro tanto criticata dagli studenti, e non solo da loro, non è obbligatoria per il percorso formativo. Per ora non serve. Diventerà parte integrante nella valutazione soltanto a partire dall’anno scolastico 2018-ig. Il Miur, con «appena» tre anni di ritardo, ha risposto alla Fle Cgil che chiedeva lumi alla ministra Valeria Fedeli: per il triennio 2015-2018, gli alunni delle scuole superiori non avevano e non hanno alcun obbligo di frequenza di un monte ore minimo di attività di alternanza scuola lavoro per accedere all’esame di maturità. Scartabellando per mesi leggi, norme e cavilli gli esperti ministeriali se ne sono finalmente resi conto. Anche se fino a ieri sostenevano l’opposto. Si spazzano via così le preoccupazioni di maturandi e professori che non ci stavano capendo più nulla tra circolari, regolamenti, tutor e organismi vari che si occupano del progetto. Secondo le disposizioni, gli studenti dei licei devono accumulare almeno 200 ore di alternanza, mentre quelli dei professionali e dei tecnici almeno 400. Ma all’esame di maturità 2018 non è previsto alcun sbarramento, al massimo la commissione potrà fare qualche domanda sulle esperienze lavorative dello studente, comunque non ci saranno test in materia che possano influire sulla votazione finale. Mentre le cose cambieranno dalla maturità del prossimo anno: i candidati dovranno aver accumulato il numero minimo di ore per l’ammissione, non si sa però che peso effettivo avrà il mancato raggiungimento di questa soglia.
Di quante ore parliamo? Naturalmente c’è gran confusione. Ma questo dovrebbe essere il calcolo: è permesso che si faccia un numero massimo di assenze giustificate durante il periodo di alternanza, pari a circa il 25% che, tradotto in numeri concreti, significa che gli studenti del liceo sono «obbligati» a fare almeno 150 ore e quelli dei tecnici almeno 300. Oltre alla soglia di sbarramento le novità riguardano anche l’esame in sé: sarà infatti obbligatorio chiedere agli studenti di parlare della loro esperienza di alternanza e potrebbe essere oggetto di interrogazione più dettagliata durante il colloquio orale. Quello che è certo è che per gli anni passati e quello presente non esisteva – e non esiste – alcun obbligo. Era solo un bluff. Come spiega il sindacato in una nota: «Ci sono voluti tre anni ma alla fine il Miur ha dovuto ammettere che quanto affermato nella Guida operativa del 2015 circa l’obbligo di frequenza delle attività di alternanza scuola lavoro, non aveva alcun fondamento normativo. Si tratta non solo di un clamoroso dietrofront, ma anche della conferma di quanto più volte espresso dalla Flc Cgil ossia che la Guida operativa fosse un semplice documento di indicazioni senza alcun carattere vincolante per le scuole». Ricostruendo la vicenda, nel2o15la Fle Cgil aveva denunciato la poca chiarezza della Guida, dato che il testo risultava «difforme rispetto alla normativa di riferimento». Oggi nel 2018, il Miur risponde alle richieste di chiarimento della Federazione dei lavoratori, ammettendo la sua colpa e affermando che «ai fini dell’ammissione dei candidati interni all’esame di Stato, la normativa nulla dispone circa l’obbligo, per le studentesse e gli studenti, di aver svolto un monte ore minimo di attività di alternanza scuola lavoro nell’ultimo triennio del percorso di studi».
Il sindacato ricorda che ora l’obbligo di frequenza è stato poi stabilito dal Decreto interministeriale 195 del 2017, recante la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola lavoro, entrato in vigore il 5 gennaio 2018. Quindi, la frequenza del monte ore minimo delle attività diventerà necessaria per l’ammissione all’esame di maturità, ma solamente a partire dall’anno prossimo. Ergo gli studenti coinvolti fino a oggi, circa i milione e mezzo, avrebbero potuto infischiarsene di «arricchire la formazione» con esperienze nel mondo del lavoro. Esperienze che talvolta si sono risolte in una sorta di sfruttamento della manodopera minorile. Ovvero ragazzi che gratuitamente hanno pulito i bagni o spillato birra in discoteca nei week end, o ancora tinteggiato appartamenti. Sono molte le storie che raccontano di studenti spediti a servire hamburger e friggere patatine, di altri mandati a fare volantinaggio per le strade o a raccogliere cozze, di liceali che si devono pagare i viaggi da soli, di datori di lavoro che richiedono ragazze purché di bella presenza. Cosa ci sia di formativo in tutto questo sinceramente sfugge, se non il tentativo di formare una mentalità che si piega al cottimo fin dall’adolescenza. Infatti i sindacati sono sempre stati molto critici verso l’iniziativa varata dai governi democratici. Non tanto per l’idea in sé, infatti un anello di congiunzione tra scuola e mondo produttivo è più che mai necessario. Quanto per l’organizzazione inesistente e perché spesso le aziende, con la scusa della formazione, risparmiano stipendi e straordinari sfruttando i ragazzi a cui dovrebbero invece insegnare il mestiere. A tutelare gli scolari dovrebbe esserci la già citata Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola lavoro. Che però presenta nei suoi 7 articoli omissioni, contraddizioni e lacune varie, oltre ad essere stata stesa in modo ambiguo e a tratti incomprensibile. questo non soltanto a nostro parere, ma anche secondo le associazioni studentesche e i sindacati, giustamente preoccupati che l’alternanza mascheri lo sfruttamento. In particolare il documento non indica la durata massima delle attività giornaliere e quindi non esiste un orario. Non è affatto chiaro su chi debba decidere i percorsi formativi: la scuola o l’azienda ospitante? Oppure entrambi assieme? Inoltre non esclude le mansioni ad alto rischio, che sarebbe folle farle svolgere dagli scolari. Comunque da ieri abbiamo scoperto che gli studenti hanno solo perso tempo: l’alternanza non serviva e non era obbligatoria. Era soltanto un altro pasticcio.