Oggi, 25 aprile, ricordiamo quei 20 mesi della storia d’Italia in cui uomini e donne scelsero di aderire alla Resistenza, di combattere con e senza armi il fascismo e l’occupante nazista, con la speranza di un domani “più giusto, più libero e lieto”. Festeggiamo quel momento in cui discesero dalle montagne per portare la Liberazione nelle città. Sono passati 78 anni, eppure possiamo ancora trovare nelle lotte e negli ideali della Resistenza degli attuali terreni di impegno: pace, diritti, giustizia sociale, erano allora le tracce del loro agire politico e così anche per noi oggi.
Questi valori sono oggi sotto attacco. Da almeno trent’anni si è avviato un processo di progressivo allontanamento e svilimento dell’antifascismo come valore fondante della Repubblica. Da tempo serpeggia una narrazione che delegittima la Resistenza, mettendo in luce solo gli elementi più controversi senza tuttavia cercare di storicizzarli. Mezze verità e invenzioni intere compongono una contronarrazione antiresistenziale che si fa più forte e più sfrontata che mai, che non può essere derubricata a cialtronaggine o ignoranza, entrata a pieno nel dibattito pubblico grazie a persone che ricoprono le più alte cariche dello Stato democratico.
Da una parte si sminuisce la Resistenza, dall’altra si propone una cosmesi del fascismo storico, si edulcorano i fatti e le violenze che hanno attraversato vent’anni di regime. Per quanto già grave, non si tratta più soltanto di parole: assistiamo ad azioni concrete che richiamano direttamente le pratiche della violenza fascista, come l’aggressione davanti ad una scuola fiorentina.
È fondamentale costruire un’imponente e strutturale battaglia politica e culturale che metta al centro i valori dell’antifascismo e della Resistenza, che provi a raccontare a tutt3 che cosa ha rappresentato per uomini e donne di vent’anni, cresciuti sotto l’irreggimentazione del fascismo, fare una scelta morale e politica prima impensabile: opporsi, imbracciare le armi e rischiare tutto, la vita, gli affetti.
La Resistenza è stata molte cose tutte insieme e in tal modo deve essere studiata e trasmessa, senza il bisogno di narrazioni mitizzanti e retoriche. È possibile anzi dare ugualmente valore a singoli uomini e donne con la concretezza dei loro spaccati di vita, le loro motivazioni, le loro speranze. Questa non è sicuramente l’Italia che si aspettavano di costruire all’indomani della guerra. E tuttavia, parafrasando Calvino, nonostante il buio, nonostante tutto il male di fronte, è ancora possibile vedere l’altra riva oltre il ponte.
Una città in comune