Il seguente ordine del giorno è stato presentato al Consiglio Comunale di Pisa dal consigliere Francesco Auletta (Diritti in comune: Una città in comune – Rifondazione Comunista – Possibile)
Ordine del giorno: Garantire l’effettivo esercizio della libertà di culto nel Comune di Pisa
Ricordato che
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il 4 aprile 2013 il Consiglio Comunale di Pisa aveva approvato, tramite variante urbanistica, la scheda norma 10.1 comparto 2, destinandola a “Servizi religiosi per il culto e attività culturali e sociali”;
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il 9 maggio 2016 l’Associazione Culturale Islamica di Pisa aveva inoltrato agli uffici comunali la richiesta di permesso a costruire un centro culturale, con annesso luogo di culto e altri spazi per attività sociali, nell’area di sua proprietà contenuta nella scheda norma 10.1 comparto 2;
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il 31 luglio 2018 la giunta comunale ha adottato un “Atto di indirizzo teso alla rivalutazione complessiva della situazione urbanistica della zona di Porta a Lucca” con l’intenzione di modificare la previsione urbanistica, senza prevedere concretamente possibili aree alternative nel Comune di Pisa per garantire ai fedeli musulmani l’effettivo esercizio della libertà di culto;
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il 15 maggio 2019, dopo un lungo iter, la Soprintendenza ai Beni Culturali ha annullato in autotutela il parere favorevole alla richiesta dell’Associazione Culturale Islamica, relativamente all’autorizzazione paesaggistica, data con alcune prescrizioni il 7 maggio precedente;
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il 13 giugno 2019, alla luce di questo annullamento della Soprintendenza, e senza attendere ulteriori integrazioni,gli uffici comunali hanno posto il diniego al provvedimento;
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sul diniego relativo al permesso a costruire, nonché sulla modifica della destinazione d’uso della Scheda Norma 10.1, pende un ricorso dell’Associazione Culturale Islamica presso il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, i cui lavori sono stati sospesi a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19.
Preso atto che il ritardo nel rilascio del suddetto permesso a costruire da parte degli uffici comunali, unito all’Atto di indirizzo approvato dalla giunta con l’intenzione di variare le vigenti previsioni urbanistiche per sola la scheda norma 10.1, creano una situazione di grave incertezza e di potenziale contenzioso tra il Comune di Pisa e l’Associazione Culturale Islamica.
Riaffermata la necessità che la questione venga risolta rispettando e attuando la Costituzione Italiana in ogni sua parte, nonché i Trattati europei e gli accordi internazionali che riconoscono e tutelano la libertà di culto e proibiscono le discriminazioni, sia dirette che indirette.
Richiamati in particolare
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i diritti inviolabili della persona (art. 2 Cost.), tra cui rientra senz’altro la libertà di credere o non credere, praticare o non praticare una religione;
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il principio di non discriminazione su base religiosa (art. 3 Cost.);
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il principio dell’uguaglianza di tutte le confessioni di fronte alla legge (art. 8 Cost);
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la libertà di professare il proprio credo, sia individualmente che collettivamente, di promuoverne la diffusione e di celebrarne il culto in pubblico o in privato, a meno che i riti non siano contrari al buon costume (art. 19 Cost);
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Il divieto di imporre speciali limitazioni legislative ad associazioni o istituzioni a causa della loro finalità religiosa (art. 20);
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la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di rapporti con le confessioni religiose (art. 117, secondo comma, lettera c);
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la tutela della libertà religiosa e di culto (Convenzione Europeo Diritti Umani, art. 9) e il divieto di discriminazione in questa materia;
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il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione (Carte dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, art. 6).
Considerato che
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la Corte Costituzionale ha chiarito che «a prescindere dalla stipulazione di intese [con i vari culti], l’eguale libertà di organizzazione e di azione è garantita a tutte le confessioni dai primi due commi dell’art. 8 Cost.» (sentenza n. 43 del 1988, confermata ex multis da sentenze n. 195/1993 e n. 346 del 2002);
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la Corte Costituzionale ha chiarito altresì che la libertà religiosa e di culto è un diritto fondamentale ed inviolabile della persona, ai sensi dell’art. 2 Cost. e che ha come destinatari “tutti” i soggetti presenti sotto la giurisdizione dello Stato ai sensi dell’art. 19 Cost., motivi per cui non può essere soggetta a limitazioni derivanti da una condizione di reciprocità con altri Stati;
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secondo accreditata dottrina costituzionale, alla luce dell’art. 3 Cost, la libertà religiosa trova la sua espressione non solo come libertà negativa, ossia libertà da ogni ingerenza dello Stato, bensì anche come libertà positiva che, per la meritevolezza dell’esperienza e del sentimento religioso, richiede l’impegno dello Stato (e dei pubblici poteri in genere), a predisporre gli strumenti utili al suo effettivo esercizio;
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la Corte Costituzionale, sempre nella sentenza n. 195/1993, ha affermato chiaramente che l’edilizia di culto deve rappresentare uno strumento che garantisca l’effettivo godimento dei diritti di libertà religiosa riconosciuti e garantiti dall’art. 19 Cost., in un contesto di non discriminazione;
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l’edilizia di culto è disciplinata dal diritto comune in materia di edilizia ed urbanistica, sia statale (decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia) che regionale e che, in questo quadro, particolare rilievo assumono le competenze degli enti locali territoriali con riguardo alla previsione di aree da destinare ai luoghi di culto nei piani urbanistici locali;
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l’art. 3 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765) richiede che nella programmazione territoriale comunale siano individuate aree da destinare ad attrezzature di interesse comune, tra cui quelle religiose;
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rientra, dunque, tra i compiti degli enti territoriali, in quanto soggetti competenti in materia urbanistica, di provvedere a che sia consentito a tutte le confessioni religiose di poter liberamente ed effettivamente esercitare il culto, anche individuando aree idonee ad accogliere i rispettivi fedeli;
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come affermato dal Consiglio di Stato, “i Comuni non possono sottrarsi dal dare ascolto alle eventuali richieste delle confessioni religiose che mirino a dare un contenuto sostanziale effettivo al diritto del libero esercizio garantito a livello costituzionale, non solo nel momento attuativo, ma anche nella precedente fase di pianificazione delle modalità di utilizzo del territorio” (Consiglio di Stato, sentenza n. 8298/2010);
Ribadito
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che la Costituzione Italiana propugna una società laica, caratterizzata dal pluralismo confessionale e dall’eguaglianza tra le diverse fedi e i diversi fedeli, chiudendo con ciò la lunga stagione storica dell’intolleranza, delle persecuzioni, delle guerre e delle discriminazioni per motivi religiosi;
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che la realizzazione di questa idea di società, rappresentando un tratto essenziale del costituzionalismo democratico, non può essere condizionata dalla reciprocità applicata da altri ordinamenti o paesi in materia di libertà di culto;
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che la disponibilità di adeguati spazi di culto è un aspetto essenziale della libertà religiosa ed è, pertanto, riconosciuto egualmente a tutte le confessioni religiose a prescindere dalla stipulazione di un’intesa con lo Stato (sentenze Corte Cost. n. 195 del 1993, n. 346 del 2002, n. 52 del 2016);
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la condizione di minoranza di alcune confessioni non può giustificare un minor livello di protezione della loro libertà religiosa rispetto a quella delle confessioni più diffuse (sentenza Corte Cost. n. 329 del 1997);
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che la tutela della libertà religiosa implica, da parte delle pubbliche autorità e dei rappresentanti dei cittadini, l’obbligo sia di astenersi da atti che limitino tale libertà in modo arbitrario e discriminatorio, sia di facilitare la disponibilità di edifici di culto attraverso idonee previsioni urbanistiche.
Tenuto conto che
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in Italia si stimano 2,8-3 milioni di fedeli musulmani, corrispondenti a circa il 4,8 % della popolazione complessiva, in linea con il dato medio europeo (4,9% nel 2016);
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negli ultimi vent’anni la presenza dei musulmani in Italia è cresciuta in modo proporzionale all’aumento complessivo della popolazione straniera residente, tanto che la percentuale rispetto agli stranieri è stabile intorno al 32%;
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l’Islam italiano è multinazionale e multilinguistico, così che in molti luoghi di culto la lingua utilizzata per le cerimonie è l’Italiano, in quanto unica lingua comune a tutti i fedeli musulmani;
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il 43% (nel 2017) dei fedeli musulmani in Italia è di cittadinanza italiana.
IL CONSIGLIO COMUNALE RITIENE CHE
la realizzazione di un Centro di Cultura Islamico, con annessa moschea, costituisca per il Comune di Pisa un presidio territoriale e sociale che, nella misura in cui attua il diritto fondamentale a uno spazio pubblico di culto, aumenta la sicurezza di tutti e accresce ulteriormente il senso di appartenenza delle comunità musulmane alla città.
PER QUESTO IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA
nel pieno rispetto e nella dovuta attuazione di quanto previsto nella Costituzione, a garantire l’esercizio effettivo del diritto di culto dei fedeli di religione musulmana presenti nel Comune di Pisa
a rimuovere, per quanto di propria competenza, ogni ostacolo affinché la comunità islamica di Pisa possa iniziare quanto prima la realizzazione di un centro culturale e un luogo di culto adeguato per i cittadini di religione musulmana nel Comune di Pisa avviando un percorso pubblico e trasparente con la comunità stessa, rimuovendo così anche i contenziosi in essere tenuto conto del ricorso pendente presso il Tar della Toscana.
Francesco Auletta – Diritti in comune (Una città in comune, Rifondazione Comunista, Pisa Possibile)