Estratto dal programma in risposta alla lettera della Casa della Donna
Cinque anni fa scrivevamo che “Le donne sono particolarmente sensibili all’arretramento materiale e culturale determinato dalla crisi perché sono investite direttamente dai processi in atto. Come lavoratrici subiscono più degli uomini l’espulsione dal lavoro garantito e la precarizzazione del lavoro. Come protagoniste della cura familiare sono costrette a fornire con il proprio lavoro gratuito tutti i servizi di assistenza che prima erano pubblici e che con i tagli e la privatizzazione non possono più permettersi, soprattutto la cura dei malati, dei disabili, degli anziani e dei bambini. Le donne subiscono anche gli effetti di una società che esalta la forza bruta, l’arbitrio e la capacità di danneggiare gli altri, caratteristiche di una cultura che disgrega le relazioni sociali e diffonde modelli di relazione fra uomini e donne di tipo gerarchico, cementati da una sessualità ridotta a prestazione e lontana dall’essere, come dovrebbe, una forma di comunicazione e di scambio reciproco. In questa in-cultura amplificata dai media cresce la violenza sulle donne”. Tale situazione non è cambiata, anzi, la distribuzione delle risorse perseguita dai governi nazionali e dall’amministrazione uscente che penalizza le fasce sociali più deboli e aumenta le diseguaglianze, continua a minacciare la libertà e l’autodeterminazione delle donne. La mancanza di spazi associativi e la minaccia di sfratto per dar corso alla vendita di beni pubblici priva di possibilità di sviluppo la cittadinanza femminile e mette a rischio importanti acquisizioni come le forme di contrasto alla violenza. Significativo il caso della Casa della Donna di Pisa, il cui contratto per la storica sede di via Galli Tassi, viene rinnovato per periodi sempre più brevi, l’ultimo fino al 2019, con il risultato di creare uno stato di grande precarietà ed insicurezza.
Convinte che la libertà delle donne passi dalla concreta possibilità di accesso al libero dispiegamento delle loro attitudini innanzitutto attraverso la formazione e il lavoro e che non può esserci libertà laddove ci sono precarietà, povertà materiale e culturale, relazioni asimmetriche e violenza, noi assumiamo la logica della rete e facciamo nostra la piattaforma programmatica del movimento Lotto-marzo – Non una di meno.
In città, questo significa innanzitutto valorizzare le realtà associative formali e informali che sul territorio stanno lavorando per dare forza alla voce delle donne e creare per loro occasioni di condivisione e crescita personale, dalla Casa della donna alla Limonaia e alla Mala Servanen Jin. In tutti e tre i casi si parla di esperienze nate dal basso e dai movimenti delle donne in particolare. In tutti e tre i casi, il patrimonio immobiliare pubblico costituisce lo spazio necessario per svolgere attività che permettono la costruzione di percorsi di autonomia e autodeterminazione delle donne. Nel caso della Limonaia e della Mala Servanen Jin, esperienze molto recenti nate a partire dallo sciopero dell’8 marzo 2017, sono state riaperte strutture abbandonate da tempo e lasciate al completo abbandono.
Sul lavoro, c’è ancora tanto da fare per una parità di fatto: siamo a favore delle azioni positive finalizzate a rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione delle pari opportunità tra lavoratori e lavoratrici, introdotte dalla L. 125 del 10 aprile 1991. Le amministrazioni pubbliche sono obbligate ad adottarle attraverso organi quali i Comitati unici di parità o garanzia ma nella pratica, nonostante la presenza del Comitato, nel Comune di Pisa il problema rimane.
I mondi di chi ha un lavoro retribuito e di chi lavora senza una retribuzione vanno tenuti insieme. Le esigenze delle famiglie (anche di fatto) lungo il ciclo di vita affinché siano sostenuti i genitori, quanti assistono un familiare e/o si prendono cura di bambini, anziani e persone con disabilità. Di recente l’Unione Europea ha elaborato una importante la risoluzione per la conciliazione di vita privata e professionale: “Creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale” (2016), in cui si dichiara che “la conciliazione tra vita professionale, privata e familiare deve essere garantita quale diritto fondamentale di tutti, con misure che siano disponibili a ogni individuo, non solo alle giovani madri, ai padri o a chi fornisce assistenza” e che “le politiche da attuare per conseguire tali obiettivi devono essere moderne, incentrarsi sul miglioramento dell’accesso delle donne al mercato del lavoro e sull’equa ripartizione tra donne e uomini delle responsabilità domestiche e di cura”.
Sul piano istituzionale, il Consiglio cittadino pari opportunità, organo consultivo del Consiglio comunale e della Giunta, è attualmente composto dalle rappresentanti delle organizzazioni politiche, sindacali, sociali, nonché delle associazioni presenti e operanti sul territorio comunale. Ne fanno parte anche le consigliere comunali e quelle dei Consigli di partecipazione territoriale, nonché le assessore, la/il presidente (o rappresentante) del Comitato unico di garanzia del Comune di Pisa, le/i presidenti (o rappresentanti) dei Comitati pari opportunità degli enti pubblici e privati. Benché il concetto di Pari opportunità non garantisca da solo le condizioni di fatto di una cittadinanza paritaria e democratica e non sia sufficiente a questo fine, noi riconosciamo che tanto l’assessorato alle pari opportunità che il comitato unico di garanzia e il consiglio cittadino siano strumenti utili alla formazione di una città plurale e paritaria.
Occorre però che gli assessorati dell’amministrazione non agiscano ciascuno per conto proprio e con una gerarchia di importanza e di funzioni, ma in sinergia, in base a un piano di lavoro complessivo delle politiche e degli interventi. In particolare, i settori dell’istruzione, delle politiche sociali e della cultura devono collaborare sempre di più per mettere a punto progetti che promuovano il rispetto e la valorizzazione delle differenze, riconoscendole e dando cittadinanza ad ognuna di queste, con l’obiettivo di creare una comunità solidale e partecipativa, in cui trovino spazio e benessere tutte e tutti.
Ancora, una città plurale e paritaria non può che promuovere il rispetto dei diritti delle persone LGBTQI, che spesso vivono situazioni di discriminazione sia nella vita personale e sociale che nell’ambiente scolastico o lavorativo. Le amministrazioni comunali possono fare molto per contribuire a modificare la mentalità e la cultura che danno origine a tali situazioni.
Infine, sui consultori: da ormai quasi trent’anni ne assistiamo all’aziendalizzazione. Essi da punto di riferimento per la tutela della vita sessuale e riproduttiva che accoglie persone di tutte le età quando si trovano in difficoltà rispetto alla loro vita sessuale, alla genitorialità, alla pubertà, alla menopausa e all’andropausa, luogo di prevenzione dell’aborto e per la diffusione della contraccezione, sono diventati poliambulatori in cui specialisti si approcciano a un/una cliente. È andata perduta la dimensione dell’ascolto e del dialogo fra medico e utente e la funzione di incontro con i bisogni del territorio.
La città che vogliamo
- La proprietà dello stabile in cui ha sede la Casa della Donna deve passare dalla Provincia al Comune, che deve dichiararla bene inalienabile. Risolvendo il problema della sede, e dando così respiro alla Casa della Donna, si darebbe la possibilità di concentrare le energie dell’associazione nella gestione delle attività ordinarie e del Centro Antiviolenza, nella logica della promozione di una cultura di promozione e valorizzazione della cittadinanza femminile, di contrasto e prevenzione alla violenza di genere. Un altro aspetto di rilievo è il riconoscimento, la continuità di finanziamenti e il potenziamento dei servizi esistenti nella lotta alla violenza di genere, dando spazio e centralità al Centro Antiviolenza della Casa della donna di Pisa come luogo di comprovata esperienza specifica, consolidata nel tempo e dal chiaro indirizzo – una mission specifica basata sul consenso della donna e sul rafforzamento delle sue capacità e non sull’assistenzialismo – in opposizione alla gestione privatistica e concorrenziale dei servizi per il contrasto alle diseguaglianze e alla violenza, servizi che non sono merce da acquistare al prezzo più basso in una logica concorrenziale. Andrebbe infine rilanciato il tavolo inter-istituzionale delle associazioni per la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere, che promuova azioni di formazione e sensibilizzazione.
- Per quanto riguarda la Limonaia-Zona Rosa e la Mala Servane Jin, che operano in strutture abbandonate di proprietà pubblica, crediamo che costituiscano uno di quegli esempi positivi di quanto può essere fatto recuperando e utilizzando a fini pubblici il patrimonio immobiliare anziché svenderlo. In coerenza con quanto proponiamo in proposito, crediamo che sia assolutamente necessario salvaguardare queste esperienze, e individuare le forme per garantire un completo recupero delle strutture, in accordo con le esperienze sociali che le stanno tenendo aperte.
- Libertà dal bisogno e autodeterminazione. Renderemo una buona pratica l’approccio femminista della relazione fra donne, attento ai bisogni materiali e all’indipendenza economica, a favore del mutualismo e della solidarietà contro i ricatti, le ritorsioni e molestie sul lavoro. Siamo a favore del salario minimo europeo per contrastare i bassi salari. Stiamo studiando le forme per garantire un reddito di autodeterminazione per contrastare la ricattabilità delle donne costrette al lavoro precario e per coloro che decidono di uscire dalla violenza. Noi ci impegneremo per il potenziamento del Centro Antiviolenza con la creazione di sportelli di ascolto nei quartieri. Supporteremo inoltre i percorsi di accesso al lavoro ed inserimento lavorativo destinati alle donne.
- Valore sociale del lavoro domestico e genitorialità condivisa. Incrementeremo le politiche che favoriscono la genitorialità condivisa e la conciliazione dei ruoli di madre e di lavoratrice. Le coppie, sia sposate sia di fatto, che desiderano una distribuzione paritaria del lavoro di cura devono essere sostenute, con buone pratiche, nell’organizzazione del lavoro. Allo stesso tempo le tante persone inserite nel mondo del lavoro produttivo necessitano congedi retribuiti e di servizi che diminuiscano il carico familiare del lavoro di cura (benessere di bambini, anziani, malati, ecc.). Favoriremo inoltre la presenza e l’accesso gratuito a servizi di accoglienza, spazi di gioco e aiuto compiti per bambine e bambini (ludoteche, centri aggregativi, ciaf), per sostenere le famiglie e favorire la conciliazione con i tempi di lavoro.
- Per una parità di fatto sul lavoro. È nostra intenzione applicare la logica delle azioni positive “per quanto riguarda l’accesso al lavoro, il trattamento retributivo, l’attribuzione delle qualifiche, delle mansioni, e in genere la progressione di carriera, nonché i trattamenti di natura previdenziale” non solo all’interno dell’amministrazione pubblica, ma ci proponiamo di richiedere il rispetto della parità sul lavoro a tutti i soggetti le cui attività sono finanziate dal Comune di Pisa. Siamo favorevoli al bilancio di genere sia preventivo che consuntivo. È opportuno inoltre capire come contrastare l’effetto della relazione fra lavoro e pensioni; le donne sono infatti più presenti nel lavoro precario e nel part-time e questo si traduce nel percepire alla fine della vita lavorativa pensioni più basse. Ciò perché non si tiene conto del lavoro di cura svolto nel frattempo.
- Rapporto con le istituzioni non solo per poche donne privilegiate. Tutti gli organismi istituiti per le pari opportunità vanno ripensati affinché perdano il carattere di adempimento formale alle normative o di cassa di risonanza degli equilibri politici esistenti in Consiglio comunale e nella Giunta. In particolare, il Consiglio cittadino pari opportunità dovrà lavorare a partire da un piano mirato di interventi di medio periodo elaborato all’inizio della consiliatura sulla base di quanto proposto dalle sue componenti. Gli obiettivi definiti dal Consiglio dovranno poi essere perseguiti attraverso iniziative sul territorio che debbono coinvolgere anche le donne che non fanno parte del Consiglio cittadino. Per mantenere vivo il processo di partecipazione sarà inoltre necessario che i risultati raggiunti e le esperienze maturate siano realmente tenuti in considerazione e possano formalmente condizionare i processi decisionali dell’amministrazione. Un altro strumento per favorire la partecipazione delle donne alla vita politica è conciliare i tempi della politica con i tempi di cura: favorire incontri che tengano conto dell’attuale diverso carico di lavoro domestico e di cura, istituendo misure e cercando soluzioni che permettano una partecipazione altrimenti impossibile per le donne.
- Istruzione e coordinamento assessorati. Tutti i progetti per combattere gli stereotipi e valorizzare le differenze saranno sostenuti. Saranno attivati percorsi di informazione e formazione rivolti alle scuole e agli insegnanti e allestite campagne che partano dall’esperienza stessa dei soggetti coinvolti. Andranno perfezionate le esperienze già fatte con i progetti di Educare alle differenze e quelli P.o.ster. e Ready for diversity finanziati dalla Regione Toscana. Potenzieremo in questa direzione anche le risorse del Fondo Sociale Europeo e sosterremo le associazioni che promuovono una cultura della pluralità e di una cultura di pace.
- Diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer e intersessuali asessuati più tutti gli altr* (LGBTQIA+). Il comune deve partire da un grande lavoro di formazione al proprio interno sulle discriminazioni e che vadano incrementate le politiche a favore delle differenze con l’apertura di un ufficio ad hoc. Si provvederà inoltre ad aprire un ufficio legale contro le discriminazioni collegato ad un analogo sportello di ascolto su tutti i fattori di discriminazione in ogni quartiere; gli sportelli saranno gestiti in sinergia con le associazioni nella prospettiva di una ricomposizione del tessuto sociale affinché nessuno rimanga solo di fronte alle discriminazioni. Saranno sostenute campagne contro omofobia la transfobia e la lesbofobia, specie attraverso i canali che usano i giovani, campagne contro la disinformazione sessuale. Prevediamo la partecipazione del sindaco al Pride.
- Consultori a misura di persone. I consultori devono tornare ad essere luoghi in cui si educano le persone ad avere un rapporto sereno e consapevole con il proprio corpo. Attraverso la cooperazione fra ASL e Comune, soggetti che gestiscono le politiche sociali laddove esse incrociano l’aspetto socio-sanitario, i consultori devono essere potenziati. Sul modello di quanto sperimentato all’AIED, ogni consultorio avrà una consulente all’ingresso adibita ad ascoltare chi si rivolge al consultorio e ad indirizzare la persona allo specialista più idoneo per il suo problema (medico, sessuologa, psicologa, assistente sociale, ecc.). Particolare attenzione sarà dedicata agli adolescenti che hanno bisogno di un ascolto personale, anziché di gruppo come avviene oggi, e di una certa gratuità dei servizi. In ogni consultorio dovrà essere previsto un percorso maschile per l’ascolto dei problemi specifici legati alla sessualità e all’infertilità. Tutti i servizi rivolti alle donne dovranno essere ad esse esclusivamente dedicati ponendo fine all’inserimento delle donne nei programmi rivolti ai bambini e agli anziani.
- I consultori non possono più essere luoghi di medicalizzazione di ogni esperienza umana in cui si applicano logiche aziendali e produttivistiche che standardizzano i modelli di intervento e veicolano stereotipi. Ad esempio mentre le donne vengono inserite in programmi sempre più spinti di medicalizzazione della sessualità e della riproduzione, con l’aggravante di essere assimilate nei percorsi di intervento a fasce sociali deboli e protette, che reitera un modello si fragilità e subalternità femminile, non c’è invece il riconoscimento delle problematiche maschili legate alla sessualità e alla riproduzione come se gli uomini non ne fossero investiti: un/una psicologo/a, un/a andrologo/a, un/una sessuologa/a, un/una geriatra dovranno essere incardinati nelle figure professionali di riferimento.