Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Valerio Cerretano, Docente di storia economica all’Università di Glasgow.
Non molto tempo fa parlando delle responsabilità degli economisti accademici nel perdurare della crisi economica in corso, il grande John Weeks suggerì di immaginare una situazione in cui un gruppo di alchimisti era arrivato al controllo di tutti i laboratori di chimica del mondo. Basta leggere un articolo – e le innumeri insensatezze – di Alesina o di Ichino per dare un volto e concretezza ai golpisti dell’alchimia economica e alle parole di Weeks. Ma il fenomeno sembra forse più ampio e generalizzato, e non riguarda solo l’economia politica (è il segno di una crisi valoriale epocale?) L’impressione è infatti che anche i laboratori della riflessione e della iniziativa politica negli ultimi anni siano stati vieppiù conquistati alle teorie e alle pratiche dell’alchimia. Il dubbio emerge in particolare dando uno sguardo alle elezioni amministrative pisane, dove Sel ha deciso di appoggiare fin dal primo turno la lista del PD guidata dal sindaco uscente Filippeschi. Sono stato sin dalla sua fondazione molto vicino alle idee e al programma di Sel. Ma proprio non riesco a capire quella scelta. Sebbene sia una città di medie dimensioni, Pisa è (almeno) dal secondo dopoguerra un laboratorio politico all’avanguardia e per lungo tempo un recinto di socialismo e di democrazia.
Il titolo di un giornale nazionale sintetizzava la recente evoluzione del governo e del PD locale con il titolo ‘la torre di Pisa pende sempre più a destra.’ Ci sono molti esempi che confermano questa involuzione: dal distacco crescente e imperdonabile con alcuni settori della cultura che hanno dato lustro alla città e al Paese intero; alla deriva securitaria di stampo leghista; alla cementificazione forsennata; al sostegno alla crescente ikeizzazione dell’economia locale e alla mercificazione del lavoro; alla superficialità con cui viene affrontata la questione della salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini (vedi la vicenda dell’inceneritore); al sostegno, diretto e indiretto, al cancro della rendita urbana; all’ambiguità sulla questione dell’acqua pubblica.
Si può realmente trasformare il piombo del PD di Filippeschi – per giunta ora anche renzizzato – nell’oro di una espressione del lavoro e della sinistra? E’ una domanda che rivolgerei volentieri ai dirigenti locali di Sel e financo a Vendola; una domanda che acquista ancora più cogenza se si considera il fatto che alla sinistra del PD esiste una rete di associazioni ed esperienze, ora raccolte nella lista Una Città in Comune, che è uno straordinario pool di competenze e di idee, e sono sicuro presto anche di consensi. Non esiste quindi il rischio dell’isolamento (ma fino a che punto quel rischio può determinare scelte irreversibili e di lungo periodo?). Auletta non è certo un De Magistris (i cui meriti intellettuali, morali e politici erano, e restano a tutt’oggi, ignoti ai più), mentre le donne e gli uomini che quella lista compongono hanno esperienza e visibilità da vendere. Per usare una espressione forse brutta ma invalsa nell’uso corrente, sono espressione di quella società civile a cui tutti dicono di volersi ispirare, compresi gli alchimisti della sinistra.
Vi sono poi l’entusiasmo e l’ambizione che non possono non destare interesse e curiosità, visto anche il loro carattere irrazionale, soprattutto degli alchimisti di cui sopra. Una figura storica del P.C.I. soleva sostenere che la chiave di volta per la riuscita di ogni iniziativa politica è l’entusiasmo. Aggiungerei che nel periodo in cui viviamo – siamo forse in una stagnazione economica di lungo periodo dal quale usciremo con le ossa rotte e con problemi enormi da affrontare – anche un po’ più di ambizione non guasterebbe. Sull’entusiasmo generato da questa lista non mi soffermo (lo stanno facendo i giornali locali del resto). Ma non posso non notare il suo carattere popolare e antisettario, e la sua capacità di egemonizzare il dibattito sui nodi della buona occupazione e del lavoro, sul dramma dell’immigrazione e su quello degli alloggi come pure della rendita urbana, e infine su quello della partecipazione. Basta provare a mettere a confronto per un attimo le tematiche sollevate da Auletta e degli altri candidati della lista civica di sinistra con quelle del Filippeschi (sempre molto abile a sfuggire i confronti diretti con gli altri candidati) e del PD – in uno spot elettorale piuttosto infelice quest’ultimo annovera tra i suoi traguardi i fuochi d’artificio del capodanno pisano, l’arrivo dell’Ikea in città e il salvataggio del Pisa calcio – per toccare con mano lo scarto e, nel caso del PD, il distacco quasi surreale con la realtà della crisi e per capire inoltre chi persegue progetti superati dalla storia. Il punto di forza della lista civica, mi sembra, è nella capacità di parlare al popolo e non ‘al nostro popolo’ o anche ‘alla sinistra’ (quante volte, ahinoi, abbiamo ascoltato queste espressioni insensate) – nella capacità in sintesi di non parlare al proprio ombelico. Un messaggio che travalica – come è accaduto altre volte nella storia della città – le mura urbane e che lascia intravedere nuove forme e nuovi modelli di partecipazione – partiti? – di massa e dal basso, validi, si spera, anche per il contesto nazionale e a cui anche gli alchimisti nostrani, solitamente poco attenti alle contraddizioni e alle incongruenze logiche, dicono di volersi ispirare.
Valerio Cerretano
Docente di storia economica all’Università di Glasgow.