Dunque Pisa non ha vinto la lotteria del Ministero per i Beni, le Attività Culturali e il Turismo che metteva in palio 1 milione di euro per “valorizzare i beni culturali e paesaggistici”: Mantova, già patrimonio mondiale dell’Umanità, si è aggiudicata il titolo di Capitale italiana della cultura 2016, qualsiasi cosa voglia dire.
Archiviata la gara, forse si può cominciare a pensare davvero al patrimonio culturale cittadino che, al di là della retorica pre-gara, versa in condizioni allarmanti. I progetti PIUSS, con finanziamenti prevalentemente europei e regionali, si sono concentrati sulla “valorizzazione” intesa come sfruttamento economico: qualche giorno fa si sono inaugurati i nuovi Arsenali Repubblicani – ricostruiti alla modica cifra di 3,5 milioni di euro, prima ancora di decidere la loro destinazione – , ugualmente si sono spesi 9 milioni di euro per la creazione di un camminamento ex-novo sulle mura medievali. Il mattone prima di tutto, come insegna il caso delle torri di cemento di Bulgarella o la Domus Mazziniana, ristrutturata nel 2011 e da allora irrimediabilmente chiusa. Al di là degli eventi e delle inaugurazioni, il nostro patrimonio storico-artistico è in stato d’abbandono: la chiesa di San Paolo a Ripa d’Arno è puntellata e pericolante dal gennaio 2012, la chiesa di Santa Maria della Spina è avvolta da ponteggi dal settembre 2014, la chiesa di Sant’Antonio in Qualquonia cade a pezzi e un mese fa il tetto della chiesa di San Francesco è parzialmente crollato, mentre il chiostro del convento è in condizioni sempre più drammatiche. Questi i casi più eclatanti e non tutti di proprietà comunale, ma simboli della città, situati in pieno centro storico, di cui l’amministrazione si deve far carico. Perché allora non ripartire di qui? Progettare un piano complessivo di recupero e restauro, convocando un tavolo con Soprintendenza, Curia, Fondazione Pisa, coinvolgendo naturalmente Regione Toscana e MiBACT.
Nel marzo scorso, a tre anni dal terremoto che colpì la pianura padana nel maggio 2012, ha riaperto al pubblico la Camera degli Sposi; per quello stesso terribile evento a Pisa fu dichiarato inagibile il Palazzo della Sapienza ed è ancora chiuso e col suo patrimonio librario parzialmente smembrato e depositato in varie sedi. A Pisa il tempo trascorre più lentamente, ma forse è venuto il tempo di non giocare più alla lotteria e cominciare a progettare una rete bibliotecaria cittadina e un sistema museale integrato ed efficiente, con biglietto unico e collegamenti tra la Piazza del Duomo e i Musei dei Lungarni. È solo un problema di scelte rispetto alle risorse – per citare una recente intervista a Massimo Bray, ex Ministro dei Beni e delle Attività Culturali – perché “le categorie di valutazione non possono essere solo la commercializzazione e l’utile”, prima viene la tutela del nostro patrimonio storico-artistico e delle biblioteche, le piazze del sapere del nostro tempo.
Gruppo cultura di Una Una città in comune