Sono queste settimane cruciali per la questione delle concessioni balneari, mentre il Governo tenta un vero e proprio colpo di mano. Infatti il tavolo tecnico nazionale ha concluso la mappatura delle spiagge, da cui risulta che, essendo solo il 33% della costa affidato in concessione, non si è in presenza di un bene scarso e pertanto non occorre bandire gare per la gestione delle spiagge in quanto c’è spazio per nuove imprese commerciali. In una interrogazione parlamentare presentata alla Commissione europea si chiede se aver considerato nella mappatura anche i tratti di costa rocciosa, quelli non accessibili, le spiagge non appetibili per motivi oggettivi o quelle che non possono essere date in concessione sia elusivo dell’applicazione della Direttiva 2006/123/CE (direttiva Bolkenstein).
Da anni ci battiamo a difesa di un bene comune sempre più privatizzato e non accessibile. Abbiamo così ripetutamente portato la questione in Consiglio comunale per capire quali fossero i dati inseriti nella mappatura nazionale riguardanti il nostro territorio comunale, ma la situazione non è in alcun modo chiara, a conferma di quanto il Governo su questo tema stia facendo calcoli e conteggi a difesa degli interessi privati.
Infatti a seguito di un nostro question time discusso nella seduta di ieri, dopo le mancate risposte per mesi e mesi da parte dell’assessore Pesciatini, finalmente ci è stato fornito un dato: l’assessore ha riferito che la lunghezza dell’area demaniale marittima complessiva, dallo scolmatore fino al fiume Morto, è di 19.700 metri, con 135 concessioni su una lunghezza della costa di 9.900 metri, ovvero il 50,29%. Un dato già di per sé elevatissimo ma in realtà assolutamente sottostimato rispetto a quello reale in quanto il parametro di riferimento comprende aree che non possono essere date in concessione, come quelle all’interno del Parco (che sono e devono restare aree protette) e aree non balneabili (come quelle vicine allo Scolmatore e a Bocca d’Arno). Quindi in realtà i tratti di spiaggia libera nel nostro comune sono ben più ridotti. Non solo. Riteniamo che non sia sufficiente conoscere la lunghezza della costa ma occorra anche conoscere l’estensione superficiale delle spiagge per poter effettivamente valutare il livello di privatizzazione delle nostre spiagge
Abbiamo quindi richiesto tutta una serie di approfondimenti: la destra sta giocando sui dati per tutelare interessi privati invece che il bene comune.
Da anni aderiamo alla campagna del Coordinamento nazionale “Mare Libero” che sostiene la necessità di avere più spiagge libere e di procedure di assegnazione delle concessioni più trasparenti, volte a premiare una minor presenza di infrastrutture impattanti (meno cemento) e una maggiore tutela ambientale e valorizzazione del territorio.
Noi siamo per un mare libero, senza padroni e senza barriere, che garantisca almeno il 60 per cento di spiagge libere, la tutela degli ambienti naturali e il rispetto del diritto di accesso e fruizione della spiaggia, che, lo ricordiamo, è un bene comune.
Riteniamo che il modello da sostenere ed incentivare sia quello di un turismo sostenibile, e che i criteri per il rilascio delle concessioni debbano basarsi da un lato sulla tutela dell’ambiente e del paesaggio e dall’altro sulla qualità occupazionale e difesa dei lavoratori e delle lavoratrici in un settore in cui è presente un elevato tasso di sfruttamento basato anche sulla irregolarità dei rapporti di lavoro.
Ciccio Auletta – Diritti in comune: Una città in comune – Unione Popolare