L’annosa vicenda del Porto di Marina di Pisa sta portando alla luce, se ancora ce ne fosse bisogno, come in questa città la tutela degli interessi collettivi sia stata piegata al tornaconto di pochi privati, con il Comune che da tempo ha fatto da vero e proprio bancomat per le società che hanno realizzato e gestiscono il Porto.
Nell’ultima seduta della Seconda Commissione di Controllo e Garanzia, grazie a una nostra specifica richiesta di discussione sul tema – richiesta scaturita anche dalle recenti notizie sulla crisi finanziaria del porto (oggetto di concordato presso Il Tribunale) – e a seguito dell’audizione di SEPI, sono emerse ulteriori posizioni debitorie della Boccadarno Porto di Pisa Spa e della Boccadarno Village nei confronti del Comune di Pisa per il mancato pagamento per anni e anni delle imposte dovute.
In particolare è emerso che la Boccadarno Porto di Pisa non ha mai pagato l’Imu dal 2012 al 2017 e deve al Comune 493 mila euro (per questi crediti SEPI si è inserita come controparte nel concordato preventivo); anche la Boccadarno Village non ha pagato l’Imu negli scorsi cinque anni per una cifra pari a 1 milione e 105 mila euro a cui si aggiungono tra Iscop e Tasi altri 43 mila euro. Colpisce anche il fatto che la struttura del Ristorante, ad oggi, non ha versato la Tari degli ultimi tre anni per un importo di 40 mila euro.
E’ doveroso ricordare che quella delle imposte è solo una “piccola” parte dei crediti che vanta il Comune sull’”operazione Porto”. Mancano, infatti, all’appello 700 mila euro di canoni per l’occupazione di suolo pubblico e 1 milione di euro che la società avrebbe dovuto pagare per acquistare alcune aree di proprietà comunali che sono state irreversibilmente trasformate nel bacino portuale.
A queste cifre si devono aggiungere circa 300 mila euro per opere di urbanizzazione non realizzate correttamente e non si possono poi dimenticare le due fideiussioni “farlocche” depositate dall’allora A.D. di Boccadarno, Stefano Bottai, per 820 mila euro, scoperte solo dopo le nostre denunce e che non sono mai state rinnovate dalla società.
Alla lista dobbiamo inoltre aggiungere i 4milioni di euro per i terreni di proprietà comunale mai pagati, nonostante quanto definito nella convenzione attuativa del progetto porto, e un ulteriore importo di 4 milioni che, per le stesse motivazioni, la Boccadarno deve a GEA Spa, società di cui il Comune di Pisa possiede l’89%.
Ma non finisce qui, visto che la Boccadarno deve versare quasi 800 mila euro di canoni per le concessioni demaniali e che, come è stato dimostrato dal crollo di una porzione della diga foranea di contenimento, non sta procedendo alle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Occorre, infine, ricordare che anche Provincia di Pisa è creditrice di cifre importanti nei confronti della Boccadarno
I debiti delle società sono poi non solo nei confronti delle Amministrazioni pubbliche ma anche, per importi molto considerevoli, con gli istituti di credito; da qui il ricorso al concordato preventivo da parte della Boccadarno Porto di Pisa per evitare il fallimento conclamato, concordato che si basa soprattutto sulla vendita delle “cosiddette” aree edificabili. “Cosiddette” perchè rimane da chiedere agli enti preposti, Comune in testa, se sia lecito valutare al prezzo di mercato di area edificabile, aree inserite in una previsione urbanistica che una sentenza definitiva del Consiglio di Stato ha ritenuto illegittima.
Questa situazione, a nostro modo di vedere, impone di riconsiderare complessivamente e pubblicamente l’atteggiamento e le decisioni dell’amministrazione comunale, avendo come obiettivo la tutela degli interessi dei propri cittadini, e lasciando i debiti totalmente a carico delle società e degli amministratori che in questi anni le hanno guidate.
Diritti in comune: Una città in comune – Rifondazione Comunista – Pisa Possibile