Quale futuro per l’infanzia a Pisa?

Si sta svolgendo in questi giorni a Pisa un convegno sul futuro del sistema educativo dagli 0 ai 6 anni; il “Giugno per l’Infanzia”. Scopo dichiarato della due giorni (25-26 giugno) sarebbe una riflessione approfondita intorno ai nuovi modelli educativi e scolastici per questa fascia di età, alla luce del recente disegno di legge n. 1260, che prevede una riorganizzazione complessiva dei programmi e dei servizi offerti ai bambini.

Nei giorni scorsi, l’Assessora Chiofalo ha presentato l’evento alla stampa con toni a nostro avviso fin troppo trionfalistici, affermando la sua piena soddisfazione per la gestione dei servizi educativi perseguita dall’amministrazione pisana, tanto da auspicare che la nostra città possa essere di esempio per altri territori.

La soddisfazione dell’Assessora sembra del tutto fuori luogo, soprattutto considerando come è trascorso l’ultimo anno educativo in questa città.

Nei primissimi mesi dell’anno, l’inserimento dei bambini negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia è stato reso particolarmente difficile dalla carenza di personale, determinata dalla scelta dell’amministrazione di limitare fortemente le sostituzioni per malattia delle educatrici.

I numerosi scioperi, che hanno coinvolto sia gli asili nido che le scuole dell’infanzia, hanno ricevuto un’adesione pressoché totale in tutte le strutture, e si sono conclusi con una manifestazione di genitori ed educatori fin dentro il consiglio comunale.

Fortissime proteste ha inoltre suscitato la decisione del Comune di esternalizzare la gestione dell’asilo comunale S. Biagio, dettata in maniera evidente da una pura esigenza di risparmio di risorse.

Insomma: l’unica progettualità espressa dal Comune di Pisa in questo ultimo anno nell’ambito dei servizi educativi riguarda il taglio delle risorse: a nulla sono valse le proteste di genitori e insegnanti, desiderosi di tutelare una tradizione educativa in pieno smantellamento.

Riduzione dei fondi dal bilancio, chiusura di servizi comunali che hanno il riconoscimento delle famiglie per qualità e competenza di chi vi lavora, ampliamento dei servizi a gestione privata, prevaricando i diritti di bambini, genitori e insegnanti. Si afferma di praticare percorsi di partecipazione quando nella realtà molte sono state, invece, le manifestazioni pubbliche di scontento che hanno animato la cronaca di questo inverno.

Ciò a cui abbiamo assistito fino ad oggi è una gestione dei servizi educativi all’infanzia, dettata esclusivamente da logiche economiche, per cui a fronte della scarsità di fondi si è risposto l’ esternalizzazione dei servizi.

Non è un caso che nell’intervista rilasciata l’Assessora taccia, ad esempio, dei differenti inquadramenti professionali di chi lavora nei servizi educativi (personale proveniente dal privato sociale, dall’amministrazione comunale, dal sistema regionale  – vedi contratti Pegaso, dal livello statale). Nulla altresì viene detto del sommerso esistente rispetto alle liste di attesa, sul cui presunto azzeramento sarebbe il caso di interrogare una volta tanto i genitori (che senso ha dichiarare azzerata una graduatoria a settembre, quando molte persone escluse dalla provvisoria si sono ‘sfilate’ dalla graduatoria pubblica per iscrivere il figlio alla privata? La graduatoria sarebbe veramente azzerata se i servizi accogliessero fin dall’inizio tutti coloro che hanno fatto richiesta, non ‘espellendo’ quanti, nel timore di rimanere senza servizio, si rivolgono al privato, pagando laute cifre e spesso arrendendosi ad un approccio educativo confessionale).

Questa amministrazione continua a sostenere di gestire il sistema dei servizi all’infanzia nel migliore dei modi; in realtà, quello a cui oggi assistiamo è l’organizzazione di momenti di visibilità dell’amministrazione, a cui corrisponde però una gestione fondata sul mero risparmio di risorse, a costo di svilire professionalità acquisite negli anni, disperdere comunità educative e, con esse, una grande tradizione acquisita negli anni.

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