Municipio dei Beni Comuni: “Né lavoro né spazi sociali. L’amministrazione ignora la crisi”

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E’ passato ormai un anno dallo sgombero coatto dell’Ex-Colorificio Liberato. Quello spazio di quattordicimila metri quadrati, è bene ricordarlo, è ancora vuoto, o meglio, è tornato al completo abbandono, lo stesso in cui versava prima del percorso di riutilizzo sociale inaugurato il 13 ottobre 2013 da Municipio dei Beni Comuni. Per tutta la seconda metà del secolo scorso è stato il fiore all’occhiello di una filiera locale della produzione di vernici e un luogo di lavoro per centinaia di famiglie. Fu poi acquistato dalla J Colors, la quale ha acquisito lo storico marchio ‘Colorificio Toscano’,ha licenziato i lavoratori, e infine ha chiuso lo stabilimento per delocalizzare la produzione altrove: un modello predatorio esemplare della crisi economica in corso e tipico comportamento di una multinazionale votata al profitto. Riaperto ad uso sociale perché concepito come un bene comune di tutta la città, per un anno è stata una città dentro la città, un vero e proprio mondo pronto a riconvertire e riutilizzare la carcassa postmoderna di una fabbrica. Per il Municipio dei Beni Comuni è stato un solido terreno dal quale inaugurare nuove forme di autogestione, convivenza umana e di creazione collettiva, di fronte alla morsa della crisi economica e del welfare in Italia. Ma ad un anno dallo sgombero – si chiedono gli attivisti del Municipio dei Beni Comuni – che cosa è stato fatto? Perché quell’immobile è ancora vuoto e abbandonato e per di più militarizzato da recinzioni di filo spinato? Stando a quanto dichiarato in consiglio comunale il 6 Marzo 2014 dall’Assessore Dario Danti e poi ribadito sia dall’amministrazione comunale che dalla multinazionale JColors a mezzo stampa, una trattativa privata intercorsa in tutto silenzio, nei mesi dopo lo sgombero del Municipio dei Beni Comuni, era giunta alla possibilità di far ripartire le attività lavorative e consegnare parte degli immobili al cartello di associazioni del Municipio dei Beni Comuni. Questo accordo però sarebbe immediatamente e inspiegabilmente decaduto a causa della nuova occupazione dell’ex distretto militare, il Distretto 42. Ma la città sa bene che il Municipio dei beni comuni poneva all’amministrazione e alla proprietà privata un’altra questione che era quella più volte ribadita da autorevoli giuristi e costituzionalisti, del ripristino della funzione sociale anche dei luoghi privati, senza la quale dovrebbe decadere ogni titolo e diritto proprietario. L’amministrazione aveva un’occasione, quella di riprendere il controllo sugli scempi che i privati compiono sui nostri territori, aveva l’occasione di far partecipare le parti sociali ad una trattativa che avrebbe fatto conquistare alla città non solo occupazione ma anche spazi di socialità e attività utili e riconosciute in città. E’ stata quindi lasciata cadere nel vuoto la possibilità per Pisa di risolvere una annosa questione, quella degli spazi sociali realmente autogestiti in città, senza alcuna variazione di bilancio o elargizioni di denaro pubblico, andando a riconquistare quanto la multinazionale JColors aveva negli addietro sottratto in maniera ingiustificata al nostro territorio. E per questo oggi torniamo a parlare dell’ex Colorificio Liberato, ennesima ferita aperta di questa città, e lo facciamo nel solco che ci porterà allo sciopero sociale del 14 Novembre e lo facciamo attraverso una discussione pubblica che si terrà oggi pomeriggio alle 18 al Polo Porta Nuova. A partire dalla pubblicazione del libro “Fabbriche recuperate” di Andres Ruggeri (ed. Alegre, 2014) cercheremo di rimettere al centro del dibattito cittadino, ad uno anno dallo sgombero dell’Ex-Colorificio Liberato, la questione del lavoro nella congiuntura di questa crisi, del ripensamento di progetti urbanistici scellerati e di un riutilizzo sociale degli spazi abbandonati come soluzione immediata per affrontare le emergenze sociali quotidiane derivanti dall’inasprirsi delle disuguaglianze nel nostro Paese.

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