Rete delle Città in Comune
I risultati della carovana delle “piazze dell’alternativa” a disposizione del percorso del “Brancaccio”, per un programma d’alternativa per il paese.
La prima parte della carovana itinerante organizzata dalla Rete delle Città in Comune si è conclusa: dai territori le idee per un programma nazionale di alternativa alle politiche neoliberiste della destra e del centrosinistra. Una convergenza che fornisce contenuti concreti per la costruzione del “quarto polo” proposto nel giugno scorso al Brancaccio.
27 ottobre. La prima fase di appuntamenti de “Le piazze dell’Alternativa”, carovana itinerante organizzata dalle Città in Comune, si è conclusa. Nelle settimane scorse, attraverso momenti di partecipazione e di cittadinanza, sono stati affrontati nodi fondamentali per determinare politiche locali decisamente alternative a quelle imposte dal modello neoliberista e messe in atto in tutti questi anni indifferentemente dai governi di centrodestra e di centrosinistra. Si tratta di nodi che, al contempo, sono decisivi sul piano locale e hanno respiro nazionale. La separazione tra questi due livelli è infatti un’invenzione di chi ha governato per anni tante città con sindaci che si lamentavano delle politiche di livello nazionale senza mai affrontare la contraddizione in seno alle loro forze politiche di riferimento.
Il contributo della Rete, che raccoglie liste civiche, di cittadinanza e di sinistra in decine di città italiane – grandi centri e piccoli comuni -, è nato dall’ambizione di fornire un tassello per l’elaborazione programmatica del cosiddetto quarto polo, grazie alla partecipazione “dal basso”. Si tratta di idee, analisi e proposte molto concrete: la necessità di ri-pubblicizzare (e/o impedirne la corsa alla privatizzazione) della sanità e dei servizi pubblici essenziali è emersa dalle tappe di Milano e Roma, in quella di Pisa le proposte operative per costruire una giustizia fiscale davvero redistributiva, le modalità per garantire il diritto ad un lavoro buono nella seconda tappa romana, a Firenze le scelte da fare perché il diritto all’abitare sia davvero rispettato (mentre oggi è sempre più negato, con drammatiche “guerre fra poveri”), ad Ancona la declinazione concreta di cosa sono e come devono essere gestiti i “beni comuni”, a Reggio Emilia le politiche di pace e smilitarizzazione del territorio, mentre di ambiente e futuro del pianeta si è discusso a Bologna, nell’ambito di un contro-vertice G7, solo per citarne alcune.
Tutti temi e proposte che marcano la necessità e l’urgenza di cambiare radicalmente strada, e che sono emersi a partire dal fatto che proprio nei territori l’impatto delle scelte neoliberiste è di un’evidenza lampante e direttamente vissuta. E’ su questo piano di concretezza che si deve fondare la nuova proposta politica a sinistra, superando ambiguità, tatticismi che altrimenti renderebbero di facciata operazioni unitarie che il giorno dopo si scioglierebbero come neve al sole. Così ogni tappa ha sviluppato dei report, elaborati in una forma standard, che la rete delle Città in Comune mette a disposizione per costruire quel programma nazionale che proprio in queste settimane entra nel vivo con le assemblee “del Brancaccio” in tutta Italia.
La dimensione locale – e dell’ente locale, dove i “nostri” amministratori si trovano “in trincea” nella difesa degli interessi dei cittadini e delle cittadine – non può liberare le proprie risorse né tantomeno può gestirle in forme dovute se non si scardina la “gabbia” imposta dalle politiche e dal corpus normativo neo liberista. Per questo abbiamo aderito e collaboreremo attivamente alla campagna di Attac Italia contro la costituzionalizzazione europea del Fiscal Compact (http://www.stopfiscalcompact.it/). Nello stesso quadro si collocano anche la giornata realizzata dalla rete contro i decreti Minniti-Orlando lo scorso 8 aprile e la nostra partecipazione il 21 ottobre alla manifestazione “Non è reato” a Roma. Il nostro agire non si limita all’elaborazione di proposte per l’alternativa: quotidianamente i nostri amministratori e amministratrici, nelle sedi in cui abbiamo rappresentanza, e i militanti e le militanti fuori da esse laddove non abbiamo eletti o elette, agiscono per rendere concrete e fattibili queste proposte. Mentre gli “altri”, che si definiscano “centri” sinistra o destre varie, o presunti movimenti, parlano nei talk show, si incontrano in tavoli ristretti dedicandosi al risiko del politicismo, noi lavoriamo nelle piazze e nei quartieri.
Un esempio? Siamo noi gli unici che contrastano in maniera attiva nei territori le varie leggi di stabilità – compresa quella, a quanto ci è dato di capire ad oggi del suo impianto, attualmente in discussione in Parlamento – che paralizzano l’azione degli enti locali, rendendo così impossibile alla cittadinanza un efficace politica per cambiare, nei territori, il proprio destino. Questo è un altro tema dirimente su cui chiamiamo alla coerenza chiunque parli di giustizia sociale e di futuro, e su cui interverremo più puntualmente a breve.
Rete delle Città in Comune
Dalla carovana della “Rete delle città in comune” 10 punti per un programma alternativo alle politiche neoliberiste (sintesi):
1) Re distribuire il reddito attraverso una radicale riforma fiscale che colpisca i grandi patrimoni e le grandi ricchezze, ripristinando una forte progressività del prelievo e contrastando realmente l’evasione e l’elusione.
2) Invertire la rotta delle privatizzazioni: riportare nel pubblico l’acqua e i servizi locali, ripubblicizzare Cassa Depositi e Prestiti.
3) Fermare la privatizzazione della sanità, rilanciare un servizio sanitario universalistico, abbassare i prezzi dei farmaci attraverso il sostegno ai “generici” (farmaci non brevettati) e l’impegno a modificare gli accordi TRIPs sui brevetti, investire nella prevenzione e nella medicina sociale.
4) Rilanciare l’edilizia residenziale pubblica, sospendere gli sfratti per morosità e incentivare affitti calmierati, stimolare l’autorecupero, promuovere l’affitto degli immobili non utilizzati, fino a requisire gli sfitti delle grandi proprietà per far fronte all’emergenza abitativa.
5) Aggiornare l ‘impianto legislativo nazionale sul tema dei beni comuni a partire dal filone giuridico nato dai lavori della commissione Rodotà; realizzare un Piano nazionale di rivalorizzazione del patrimonio pubblico statale e conseguente stop alle alienazioni e privatizzazioni
6) Attuare una riconversione ecologica di economia e stili di vita, una riqualificazione energetica degli edifici , investire su trasporto su ferro, mobilità dolce e auto elettriche, solare termico per il riscaldamento e termodinamico per l’energia, ciclo virtuoso dei rifiuti (con differenziazione di responsabilità tra chi raccoglie e chi smaltisce), riforestazione e messa in sicurezza idrogeologica, introdurre biotax per le merci che non rispettano disciplinari, salute, territorio e lavoratori.
7) Contrastare il lavoro povero, precario e sfruttato – vero dramma per un intera generazione – prioritariamente attraverso: un salario minimo legale, abrogazione jobs act, tirocini e nuovi voucher, no all’alternanza scuola-lavoro, piano di assunzioni per il lavoro pubblico e sblocco del turn over, piano per l’assunzione dei ricercatori universitari e ivi sblocco del turn over, nonché introduzione del reddito minimo garantito”
8) Ridurre spese militari e fare chiarezza sulle loro fonti e destinazioni; inoltre procedere a revisione del modello di difesa. Aderire ai trattati di non proliferazione delle armi nucleari, assumere impegno per una difesa civile non violenta e contro la militarizzazione dei territori , potenziamento delle strutture di difesa e protezione civile, percorsi di riconversione attiva di industrie militari in civili.
9) Impegnare l’Italia, nell’ambito di una valutazione negativa delle conseguenze del Fiscal Compact, a ritirarsi dal Trattato e opporsi, in ogni caso, alla sua introduzione nella legislazione dell’Unione Europea. Promuovere un’ampia discussione europea per una politica economica di uscita dall’austerità
10) Abrogare le leggi che limitano le garanzie costituzionali per il diritto all’asilo. Lanciare proposta per diritto d’asilo europeo che bypassi i limiti del Regolamento Dublino e permetta a chi emigra di avere canali legali di ingresso in UE. Realizzare un sistema di accoglienza diffusa e pubblica, gestita dagli enti locali; e che permetta autonomia economica e inserimento sociale. Abrogare accordi con i paesi di fuga o di transito e blocco dei rimpatri coattivi in paesi che non rispettano le convenzioni internazionali. Abrogare il codice di condotta per le Ong e sostegno a chi, in ogni ambito e forma, garantisce migliori condizioni di vita e di inserimento sociale di chi è accolto