Riapertura delle aziende: dalla Regione misure inadeguate da cambiare immediatamente

In questi tempi di pandemia, complottisti e inventori di fake news si  danno molto da fare, stimolati anche dall’aumentata ricettività sui social legata al molto tempo a disposizione della popolazione obbligata al confinamento. 

La capillarità del fenomeno ha indotto il Ministero della Salute a predisporre una serie di pagine dal titolo “ Covid-19, occhio alle bufale”, per sfatare falsi allarmismi e soprattutto smontare rimedi anticontagio casalinghi: dal mangiare aglio, al bere bevande calde o alcolici, dal lavarsi il naso a mettersi al sole, queste pagine ne esaminano davvero di fantasiosi!

Il Ministero raccomanda “per evitare di imbattersi in notizie false e pericolose per la salute […], di cercare informazioni sul nuovo coronavirus […] su fonti istituzionali ufficiali e certificate”, onde evitare di credere a “fake news che inducono ad assumere comportamenti non corretti e inefficaci per prevenire il contagio da nuovo coronavirus.”

Evidentemente alla Regione Toscana non sono informati di  queste raccomandazioni. Infatti nell’ordinanza regionale n.38  del 18 aprile,  dal titolo “misure di contenimento sulla diffusione del virus covi d -19 negli ambienti di lavoro”,  compare come valida misura di prevenzione  l’utilizzo contemporaneo di due mascherine chirurgiche, proprio uno dei “rimedi della nonna” che il Ministero della salute bolla come fake (“Se mi metto due o tre mascherine una sull’altra sono più protetto dal nuovo coronavirus? FALSO!”) 

Purtroppo questa indicazione, oltre alle facili ironie, può  portare a  conseguenze gravissime per la salute delle lavoratrici e dei lavoratori e delle loro famiglie, e quindi potenzialmente per la salute di tutti i cittadini. Soprattutto nel momento in cui le associazioni padronali  stanno  premendo  sulle istituzioni  per una celere riapertura dei siti produttivi. 

Siamo ormai abituati a vedere al supermercato o al panificio, persone con mascherine di ogni foggia – quelle “monovelo” distribuite anche dal nostro Comune, quelle chirurgiche distribuite dalla Regione, quelle fatte in casa in TNT o cotone – si tratta però di ambienti  di breve permanenza,  a ingresso contingentato, in cui viene mantenuto il previsto distanziamento. 

Sul posto di lavoro invece, dove i contatti sono ravvicinati e continui nel tempo, la situazione è ben più seria. Secondo il testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ( TUS,  dl.81/08), i dispositivi di protezione individuale (DPI) per proteggere le vie respiratorie del lavoratore da rischio da agente biologico  covid-19 sono i facciali filtranti monouso FFP2 ed FFP3, che sono realizzati e marcati CE secondo specifica normativa.

L e mascherine chirurgiche invece, non sono DPI ma “Dispositivi Medici”, realizzati secondo specifica normativa non per proteggere il lavoratore (e il cittadino) da contagio da  covid-19, ma per impedire al personale sanitario (o ai cittadini) di diffondere per via respiratoria particelle contagiate a malati o altre persone.

Non è quindi accettabile che la Regione Toscana lasci mani libere alle aziende all’interno dei luoghi di lavoro, il tutto sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori: una libertà padronale che rischiamo di pagare cara e salata, come sta purtroppo accadendo nelle zone rosse della Lombardia, dove 1 lavoratore su 5 è positivo al covid-19. 

Chiediamo quindi che la Regione intervenga con la massima rapidità per togliere questa indicazione dall’ordinanza e perchè vengano date disposizioni che realmente tutelino la salute e il diritto alla sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici, senza nessuno sconto per le aziende.

Una città in comune

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