Ridimensionamento Camp Darby, futuro dell’area incerto: “Su quei 6 ettari decideranno i vertici militari”

PisaToday

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La riduzione di impegno del Governo americano sarà graduale ed inizialmente riguarderà solo una porzione degli 809 ettari della base. L’assessore Zambito in Consiglio Comunale indica 6 ettari, che torneranno al Demanio militare e non al Comune.

Si fa più chiara la procedura di dismissione di Camp Darby, ma non il futuro dell’area che sarà liberata. L’assessore Ylenia Zambito in Consiglio Comunale ha spiegato che la prima fase di ridimensionamento, che avverrà in due anni, interesserà 6 ettari degli oltre 800 della base, per poi proseguire con la seconda fase nel giro di 5 anni. Gli spazi liberati però non saranno direttamente disponibili per il Comune di Pisa: essi infatti, per qualsiasi dimensione che sia, passeranno al Demanio Militare, cioè sotto gestione del Ministero della Difesa.
Ministero della Difesa che insieme a Palazzo Gambacorti ha sempre tenuto in piedi il Progetto Caserme. La decisione di riduzione di organico del Governo americano potrebbe aprire nuovi fronti della trattativa in stallo da tempo. Il Comune sta infatti cercando di capire se i nuovi spazi, una volta in disponibilità del Demanio, saranno potenzialmente utilizzabili dal Ministero come destinazione per i militari, potendo così ottenere la disponibilità delle 3 caserme urbane da tempo richieste. L’area liberata da Camp Darby potrebbe in un altro caso essere destinata ad usi civili. “Se il Demanio decidesse di lasciare il terreno al Comune – spiega la Zambito – il Comune si impegna a riconvertire quest’area ad uso civile come già previsto da un atto di indirizzo approvato nella scorsa consiliatura”.
Per la parte sulla costa che verrebbe dismessa Legambiente Pisa ha già lanciato l’idea di adibirla a spiaggia libera, soluzione che incontra i favori di Sel: “Stante la riduzione di spazi di questo genere sul nostro litorale, va rapidamente messa in essere per la prossima stagione. E’ possibile sin da adesso indicare prospettive positive per il nostro territorio che nascerebbero dalla riconversione ad usi civili della base Usa. E’ una occasione per tutta la collettività, purché gli usi siano rispettosi delle destinazioni ambientali e della presenza del Parco, anche perchè da tale riconversione può uscire anche la soluzione dei problemi occupazionali che la riduzione della base comporta”. A seguito del ridimensionamento sono previsti 40 licenziamenti con paracadute, su 430 assunti.
“Questo territorio deve essere aperto alla cittadinanza, siamo contrari a nuove destinazioni militari” è la posizione del Progetto Rebeldìa, che non accetta un riavvio del Progetto Caserme. “Siamo profondamente contrari alle ipotesi avanzate dalla giunta Filippeschi attraverso le dichiarazioni dell’assessore Zambito di collocare nelle aree dismesse soldati e mezzi che oggi si trovano nelle caserme Bechi Luserna e Artale. Pisa va smilitarizzata: il progetto caserme è defunto e c’è l’occasione per restituire alla città aree importanti a partire dal Distretto 42 che dopo lo sgombero è da quasi un anno tornato nel più profondo abbandono”.
Gli attivisti si oppongono a speculazioni immobiliari ed appoggiano idee che valorizzino il territorio come risorsa ambientale: “E’ necessario riaprire una grande discussione pubblica e partecipata sul riutilizzo civili di queste enormi spazi,mentre c’è chi vorrebbe o recintarli o metterli nelle mani di costruttori e immobiliaristi. Sosteniamo la proposta avanzata dal Circolo di Legambiente di Pisa perché quella spiaggia torni una spiaggia libera a fronte di una costa che è ormai quasi completamente privatizzata”.
Alla voce si unisce l’associazione Wwf Pisa, che chiede comunque attenzione alla salvaguardia delle dune, fino ad oggi tutelate dal ridotto utilizzo da parte degli americani. “Ci pare indispensabile che la spiaggia ritorni a disposizione della comunità – scrivono in una nota – e che essa non venga data in concessione a privati che realizzino un nuovo stabilimento balneare, magari con ulteriori strutture. La soluzione migliore sarebbe che essa diventi una spiaggia libera, sopperendo in parte alla scarsità di spazi per la balneazione pubblica creata negli anni ’90 dalla soppressione di gran parte delle spiagge libere di Tirrenia. Le strutture sportive dovranno adattarsi al delicato equilibrio del sito, anche perché siamo all’interno di un parco naturale; esse vanno vagliate una per una, considerando che gli impianti non possono essere realizzati né sulle dune né nella macchia”.

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