Sono pesantissime le ombre sul futuro dell’area del vecchio Santa Chiara e sempre più pressanti le operazioni speculative che si stanno muovendo su una partita che ha una valenza nazionale ed internazionale vista la collocazione adiacente ad una delle 7 meraviglie del mondo.
Le decisioni che verranno assunte cambieranno i destini di Pisa, diventeranno un modello, e proprio per questo non si può lasciare alcuna cambiale in bianco a nessuno, come invece si sta facendo a tutela solo degli interessi privati ma con la piena sintonia con gli enti pubblici di tutti i livelli territoriali, a partire dal Comune di Pisa e dalla giunta Conti
La strategia è tanto spudorata quanto cristallina: si appalta ai privati e ai loro interessi la definizione delle destinazioni affinché possano ricavarne profitti, mentre il pubblico abdica completamente al suo ruolo e alle sue prerogative, assecondando tutti gli appetiti della finanza immobiliare, senza alcuna discussione pubblica né l’elaborazione di strategie ed indirizzi pubblici su cui poi il bando si dovrebbe basare.
Siamo al ribaltamento del rapporto tra pubblico e privato, tra istanze generali e speculazione immobiliare.
Ribadiamo con forza – come abbiamo fatto in tutti questi anni – che serve invece, e necessariamente, una strategia pubblica su cosa deve diventare il Santa Chiara e quale deve essere il suo ruolo nel tessuto urbano cittadino. Strategia che deve essere definita dal Comune attraverso un preventivo ed irrinunciabile percorso di partecipazione che coinvolga la cittadinanza, l’Università, l’Azienda Regionale per il Diritto allo studio e le altre forze politiche, sociali, economiche, culturali della città, fissando i requisiti irrinunciabili, le condizioni, le destinazioni per rispondere ai bisogni sociali e pubblici sempre più forti, sottraendosi agli interessi speculativi che seguono solo logiche di mercato.
Ultimamente sta emergendo con forza la necessità di ripensare lo spazio urbano per rirdurre l’impatto ambientale e il consumo di suolo. Uno degli obiettivi di un piano di recupero per questa area deve quindi essere quello di creare spazi verdi e percorsi pubblici al posto degli edifici minori non vincolati, strategia indispensabile per contrastare il cambiamento climatico: esattamente ciò che, finora inascoltati, abbiamo proposto per la caserma Artale. Questo è incompatibile con la realizzazione di un palacongressi, una megastruttura non integrata nel contesto urbano con cui si rischia di consumare ulteriore suolo a discapito del verde pubblico.
L’unica cosa di cui al contrario si parla sono i potenziali quanto molto probabilmente infondati impatti economici positivi, non si sa bene per chi. Dati alla mano, appaiono chiari i danni di questo modello di sviluppo: un settore turistico che genera lavoro povero, precarietà e sfruttamento. Occorre invece cercare risposte adeguate alle domande che da tempo attraversano il dibattito pubblico: quale modello economico vogliamo per Pisa? Qual è lo stato di salute attuale del mondo del lavoro in città e quali nuove traiettorie si possono immaginare?
È indispensabile che il Consiglio comunale approvi un atto di indirizzo, costruito sulla partecipazione, che fissi i requisiti irrinunciabili per rispondere ai bisogni sociali e pubblici sempre più forti e non agli interessi privati e speculativi secondo logiche di mercato.
Per questo abbiamo chiesto da tempo un consiglio comunale straordinario e urgente sull’argomento, che però non è stato ancora calendarizzato. Non si può aspettare ancora: è in gioco il futuro della nostra città. E a settembre porremo con forza la questione dentro e fuori il consiglio comunale