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Dentro al Palazzo non c’era nessuno ed è bastato chiudere il portone con una catena nuova per mettere la parola fine a una riapertura durata molto poco. Palazzo Boyl è stato sgomberato dalla Polizia lo scorso sabato 27 dicembre, dopo che un mese fa il Municipio dei Beni Comuni lo aveva occupato.
“Orologeria vacanziera” è la formula usata dagli attivisti, che denunciano l’intervento delle forze dell’ordine in pieno clima natalizio, un intervento che a differenza degli ultimi sgomberi del Municipio è stato rapido, senza coreografie, senza resistenza.
“Un immobile storico, di grande pregio, ritorna schiavo della selvaggia corrosione del tempo e dell’incuria”, scrivono gli attivisti, che parlano di uno sgombero “avvenuto in una città pressoché svuotata” e che si è svolto “quasi senza rumore. La polizia ha avuto gioco facile a fare il suo ingresso nello stabile – aggiungono – e ad apporre una nuova chiusura, così che nessuno potrà più godere della vista degli affreschi, delle sale, di un bene nascosto per anni alla vista della cittadinanza da un ponteggio fantasma, il cui abuso non è costato niente ai soliti potenti di turno”.
Della storia recente del palazzo e del mancato pagamento del suolo pubblico per i ponteggi vi abbiamo parlato a settembre; gli attivisti del Municipio vi sono entrati a fine novembre, proponendo visite guidate, assemblee, concerti di musica classica. Un immobile di pregio la cui occupazione è stata rivendicata in nome di una battaglia contro l’abbandono e la speculazione immobiliare di cui lo stesso Palazzo Boyl è rimasto vittima, con lo slogan “La bellezza è di tutt*”, la stessa degli affreschi del butese Annibale Marianini che grazie a questa azione ha ottenuto una rinnovata notorietà.
“Gli intenti alla radice della riapertura di Palazzo Boyl sono stati da subito espliciti”, si legge ancora nel comunicato, “creare uno spazio aperto dal quale rilanciare una progettualità condivisa intorno ai luoghi abbandonati presenti in città e aprire un dibattito su tanti, troppi, beni artistici lasciati al degrado. Registriamo ancora una volta la totale chiusura da parte dell’amministrazione comunale che ha rifiutato persino di visitare lo spazio per rendersi conto del patrimonio artistico che sta andando alla malora”.
Amministrazione che se già è stata tiepida nei confronti dell’esperienza del Distretto, che pure aveva raccolto molto consenso, è stata indifferente a quella di palazzo Boyl. D’altro canto, la riapertura del Palazzo non ha in alcun modo dato risposta alla richiesta di uno spazio stabile per le associazioni un tempo parte del progetto Rebeldìa poi confluite nel Municipio, che di fatto hanno smesso di cercare stabilità puntando su azioni diffuse di denuncia.
Da più di un anno il movimento colleziona sgomberi – dall’ex Colorificio all’ex caserma Curtatone a Palazzo Boyl – a cui seguono puntuali promesse di rioccupazione: l’ultima in ordine di tempo è rivolta nuovamente al distretto di via Giordano Bruno. “Abbiamo fatto cambiare il vento. Il Distretto 42 non tarderà a riaprire”, scrivevano infatti lo scorso 20 dicembre gli attivisti commentando le novità sul progetto Caserme, dentro cui è compresa anche la Curtatone. “Rilanceremo la nostra progettualità aggiornandola con le nuove necessità e le nuove idee di questa città, lo faremo quindi pubblicamente con una grande iniziativa a gennaio, chiamando a partecipare tutte e tutti nella costruzione di qualcosa che sia davvero proprietà collettiva, e non l’ennesima preda della speculazione”.
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