Si ritiri il piano di recupero del Distretto 42: fermare la speculazione, tutelare un bene comune! Le nostre osservazioni

E’ stata adottata dalla Giunta Conti, senza alcuna discussione in Consiglio Comunale e con la città, una delle operazioni urbanistiche più importanti del centro cittadino: il Piano di recupero del Distretto 42 di via Giordano Bruno. Purtroppo per la cittadinanza la speranza di vedere riaprire la piazza e il parco Andrea Gallo ancora una volta vengono vanificate dagli appetiti speculativi dell’alta finanza, totalmente assecondati dalla destra.

A portare avanti l’operazione è il Fondo Investimenti per la Valorizzazione – Comparto Extra di Cassa Depositi e Prestiti, la cui missione esplicita è “acquisire beni di proprietà dello Stato per venderli sul mercato dopo attività di valorizzazione”. E’ bene ricordare che l’area ex demaniale è stata trasferita al fondo (che è privato, ma sostenuto con i risparmi postali di tutti) dopo un Accordo di programma ad una cifra molto al di sotto del valore reale degli immobili.

Di fornire alloggi dignitosi a quel segmento di cittadinanza nella cosiddetta “fascia grigia”, ovvero che non ha i requisiti per accedere all’edilizia residenziale pubblica, ma neanche le risorse economiche per accedere al mercato libero, si fa cenno solo nelle dichiarazioni. Nei fatti si pensa di realizzare solo un alveare di micro-appartamenti (73!), incastrati nel già denso tessuto urbano del quartiere storico di San Martino, con spazi angusti, poco funzionali e senza fornire i necessari servizi accessori, senza spazi comuni o condivisi che dovrebbero arricchire la qualità dell’abitare.

Oltre al danno la beffa. Vengono previste, infatti, tutte le agevolazioni possibili per il costruttore in funzione della realizzazione di “housing sociale”: dallo scomputo degli oneri di urbanizzazione all’esenzione sulle tasse comunali, ma i canoni di locazione e i prezzi di vendita che si prevedono fanno riferimento a tabelle vecchie e non aggiornate che di fatto oggi, a causa della crisi del settore immobiliare, corrispondono ai valori che si possono trovare sul mercato senza agevolazioni.

Al contempo, con una procedura del tutto anomala, si prevede nella stessa convenzione tra il Comune e la società proprietaria di Fondo di Investimenti, Investire SGR S.p.A., la possibilità esplicita di derogare alla destinazione di housing sociale nel caso in cui gli equilibri finanziari dell’operazione venissero a mancare, in palese contrasto con l’atto di indirizzo approvato dal Consiglio comunale nel 2017 e senza che sia stato presentato alcun Piano finanziario e di fattibilità economica.

Insomma, siamo davanti ad un’operazione scandalosa e plateale in cui non si tutelano in alcun modo il bene comune e le funzioni pubbliche e sociali di questa area strategica per la città, ma si pongono delle condizioni capestro (già viste in altre operazioni a Pisa) che mirano solo a tutelare il profitto dell’investitore, in una pura operazione speculativa che va fermata. In altre parole, si danno tutti i benefici che il social housing consente al costruttore senza la garanzia che questo venga realmente realizzato, prevedendo questo gioco nella convenzione stessa.

Ad aggravare lo scenario sono i criteri di accesso discriminatori sulla storicità della residenza già dichiarati incostituzionali, gli assurdi vincoli sul reddito e l’accanimento su quanti, sempre più numerosi a causa della crisi economica acuitasi di recente con la pandemia, si sono trovati precedentemente in condizioni di morosità incolpevole o occupazione senza titolo.

A questo si aggiungono un aumento sproporzionato del carico urbanistico, in termini di traffico prima di tutto, e in generale di aggravio su tutti i servizi come la rete fognaria o la raccolta dei rifiuti, la sostanziale privatizzazione del verde e della piazza interna che non sarà pienamente aperta e fruibile da tutti gli abitanti, essendo chiusa in determinati orari: questo in barba all’Atto di indirizzo. Senza contare che l’area sarà attraversabile a malapena dai pedoni, e non lo sarà mai dalle biciclette, per le quali non è previsto nemmeno uno stallo di parcheggio, alla faccia della mobilità sostenibile.

Infine, nelle modalità dell’iter di approvazione dobbiamo ancora una volta sottolineare come la trasparenza e la partecipazione siano sconosciute a questa amministrazione, ma anche a chi ha presentato il progetto di recupero, sebbene il coinvolgimento della cittadinanza sia un elemento chiave per raggiungere almeno una parvenza di obiettivo sociale. A dimostrazione del vero fine di questa operazione, dove l’housing sociale si consolida come specchietto per le allodole il cui esito finale è la privatizzazione selvaggia di quello che era uno spazio pubblico, mirata al profitto e non al benessere collettivo.

Nonostante le ripetute richieste di illustrazione in commissione urbanistica in questi ultimi mesi abbiamo assistito ad un fatto molto grave: i progetti non erano mai disponibili quando richiesti e prevista la discussione, salvo poi comparire protocollati e già approvati il giorno dopo.

Per questo abbiamo presentano le osservazioni al piano di recupero, necessarie ad una reale e funzionale riqualificazione dell’area: lo stralcio dalla convenzione delle deroghe legate al piano finanziario dell’investitore, la drastica riduzione del numero di appartamenti, il miglioramento della qualità delle singole unità immobiliari, la revisione dei criteri di accesso, garanzie che evitino le speculazione a vantaggio di pochi e a scapito di residenti attuali e futuri, la realizzazione di una piazza aperta, attraversabile e integrata con il territorio, la difesa e valorizzazione del Parco Andrea Gallo.

L’unica strada è il ritiro di questo piano e la ripartenza attraverso un percorso realmente partecipato e condiviso.

Diritti in comune: Una città in comune – Rifondazione Comunista – Pisa Possibile

 

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